Ben ritrovati affezionati Book Lovers! In collaborazione con l'autrice, vi segnaliamo il nuovo romanzo comedy romance di Kimberly Spencer, autrice italiana e self publishing, in uscita ad aprile.
Titolo: L'imprevedibile effetto secondario dell'amore
Autore: Kimberly Spencer
Data di pubblicazione: 2 aprile 2019
Editore: Self Publishing
Prezzo di prenotazione: 0,99€
Dove acquistare: Amazon
Le sue regole sono fatte per essere infrante.
Emma vive nel passato, ancorata ai ricordi e fiaccata da una perdita terribile. L’idea di lasciarsi andare e legarsi a qualcuno è per lei del tutto inammissibile.
Lavora al Team Counseling Building, uno studio di consulenza per aziende che fanno fatica a trovare il giusto spirito di squadra. È sua l’idea del Jungle Park, un’esperienza di sopravvivenza molto apprezzata dai gruppi di lavoro. Ma quando il loro capo manda Emma e i suoi colleghi al Jungle Park, le cose si complicano notevolmente per lei e le sue ferree regole di vita. Perché Samuel, il veterinario del parco nonché loro istruttore, è un uomo che delle sue regole se ne infischia.
Tra risate, ipocondrie, battibecchi e personaggi secondari che la supportano e la sopportano, Emma deve trovare la sua strada e provare a infrangere le sue ferree regole di vita che le impediscono di creare legami duraturi.
Riuscirà Emma a lasciarsi guidare fuori dalla sua personale tempesta?
I primi tempi, quando tornavo a casa, dopo la scuola o le commissioni, mi sentivo soffocare all'idea che non avrei rivisto mamma, papà e Veronica. Era ingiusto e così doloroso che ho sofferto di crisi di panico per anni e, forse, era per questo che le famiglie cui ero affidata non sapevano come gestirmi. Non li biasimo, avevano paura di una ragazzina piena di dolore e ingestibile. Ne avrei avuta anche io, al loro posto. Ma sono cambiata, mi sono indurita. Sono sopravvissuta a me stessa e alla perdita di chi amavo.
Programmo la mia vita in ogni dettaglio e quello che va storto lo sistemo, lo anestetizzo nel migliore dei casi. Lo curo. C’è una pillola per tutto.
Ma non c’è una pillola per la tua felicità, vero? Chiede una vocina dentro me. La cosa è strana e ironica al tempo stesso, ma ho una soluzione anche per questo: non lascio avvicinare le persone oltre la mia comfort zone che, onestamente, ha raggiunto un raggio piuttosto ristretto attorno a me. Nessun contatto, nessun legame, nessun rischio. E nessun rischio significa nessuna perdita o dolore, è molto semplice.
«Perché?», chiedo stupita dalla sua curiosità e dalla sua insistenza. Nessuno è mai così insistente con me, ci vuole poco ad allontanare le persone, penso con un filo di tristezza. La gente non combatte per aprirsi un varco nel tuo cuore, se trova un ostacolo si ferma e torna indietro. Ma Samuel, no, lui non è così.
«Mi piaci», risponde. Samuel è una delle persone più schiette e dirette che io conosca.
Resto in silenzio ad assimilare le sue parole, cercando una risposta per allontanarlo, per allontanare da me questo ragazzo che, invece, vorrei conoscere. Perché sono così contorta?
«Ci mettono un po’ a guarire, le cicatrici», sussurra Samuel, toccando di nuovo la mia anca. Tremo, sia per il contatto delle sue dita bollenti, sia per la sua frase. Non sono certa stia parlando solo della cicatrice che sta sfiorando ora, ma decido di ignorare la dietrologia delle sue parole e concentrarmi solo sulle sensazioni che provoca in me.
«Alcune non guariscono mai e lasciano la pelle insensibile», rispondo, pensando non solo alla mia pelle, ma alla mia anima.
«Non è vero», Samuel si avvicina e posa un bacio, umido, sulla mia pancia, nel punto esatto dove si trova la mia cicatrice. Tremo sotto il tocco delle sue labbra, incantata da questo strano ragazzo dagli occhi dorati.
«La pelle non è insensibile», bisbiglia sulla mia anca, e in qualche modo so che non sta parlando solo della mia pelle. Come ci riesce? Come riesce a leggermi dentro con questa facilità?
Samuel alza lo sguardo e mi fissa, un lievissimo sorriso gli increspa le labbra. Anche al buio, solo con i lampi che illuminano il suo viso, lo vedo. Impertinente, adorabile.
«Senti qualcosa?», chiede, abbassandosi di nuovo sulla mia pancia e sollevando ancora la maglietta. Poggia le sue labbra su di me ed io devo esercitare una fatica incredibile per non gemere o mettere la mano tra i suoi capelli morbidi e attirarlo verso le mie labbra.
Scuoto la testa, mentendo, incapace di parlare o articolare un qualsiasi pensiero coerente e lui si solleva per osservarmi.
«Non senti nulla?», chiede, stupito. Ma so che il suo è un finto stupore, lo capisco dal suo tono ironico.
Deglutisco più volte e sollevo un po’ la testa, prima di rispondere.
«Nulla», sussurro e non so neppure io perché mi stia ostinando a negare l’uragano che mi sta scuotendo dall’interno. O forse sì, lo so, ma non voglio ammetterlo, non ora che sono così in subbuglio.
Perché la verità è che io sento.
Sento tutto. Perfettamente. Per la prima volta, dopo anni, io sento ogni cosa si muova dentro me. È un turbine di vento tempestoso che scuote ogni cosa e mi lascia con il respiro tremante. Mi spaventa e mi eccita al tempo stesso. Sento. E sento perfettamente le sue labbra, morbide, umide, che mi accarezzano delicatamente, facendomi rabbrividire di piacere. Sento il suo respiro, caldo, come vento di scirocco, che mi avvolge e mi sconvolge in un modo che non pensavo fosse possibile.
Mi bacia, ancora e ancora, con dolcezza, con passione. Baci frenetici alternati a baci così dolci che sto per perdere completamente il lume della ragione. Non sono mai stata baciata così, penso in un attimo di lucidità, né mai ho baciato io con questo trasporto, come se ne andasse della mia vita. Come se volessi riscrivere la mia storia e la mia anima qui e ora.
Accolgo la luce che questo ragazzo dagli occhi dorati sprigiona, rubandone un po’ per la mia anima ferita e sento un immediato sollievo, come quando bevi un bicchiere di acqua fresca quando hai tantissima sete.
Samuel si volta a guardarmi con un sorriso impertinente stampato sul viso.
«Stiamo benissimo, base». Sorrido a mia volta, incapace di contenere questo piccolo raggio di luce che scintilla selvaggio nel mio cuore. Che lo voglia o no, questa notte con Samuel ha cambiato qualcosa in me. Non so ancora cosa e non so quanto questa riflessione mi spaventerà quando tornerò lucida, ma è così.
La sua risata mi rincorre alle spalle e quando mi raggiunge le sue mani mi cingono la vita e il suo respiro è tra i miei capelli.
«Sei una piccola impertinente», sussurra al mio orecchio. Rido della sua battuta e mi giro ad osservarlo. Ha i capelli biondi scompigliati e l’espressione felice. Mi alzo in punta di piedi e poso un bacio delicato sulle sue labbra. Si illumina all’istante e, con lui, il mio cuore fragile. Qui, in questa natura lontano dal mondo, mi sembra di essere in una sorta di bolla in cui ci siamo solo io e lui e tutto è concesso, anche la mia felicità. Samuel posa una mano sulla mia nuca, in un gesto di possesso che mi scalda internamente e approfondisce il nostro bacio, inclinando la testa. Mi aggrappo alla sua maglia, come ho fatto la scorsa notte, e lascio che mi porti, di nuovo, in un posto solo nostro, fatto di passione e nient’altro che emozioni. Quando si stacca da me, ha le labbra arrossate e gli occhi brillano di una luce che mi scalda il cuore.
«Hai presente quei palloncini pieni di elio che si vedono alle feste di paese?», chiedo, gli occhi sgranati fissi nei suoi e la voce incerta.
Samuel sorride e inclina la testa.
«Io sono come uno di quei palloncini, Samuel, pieni di elio fino al limite. Un movimento sbagliato e posso scoppiare. Non so cosa ho dentro, sono stata sigillata per troppo tempo. Sono un caos che cammina e si muove, e sono pericolosa. Non voglio farmi male. Non voglio che tu ti faccia male. Devi lasciare andare il filo del palloncino, prima che scoppi e qualcuno si ferisca». Sposto lo sguardo ai miei piedi, in attesa che Samuel mi mandi al diavolo perché, onestamente, mi conosce da tre giorni e persino io sono stufa di me stessa.
Sento la sua mano sul profilo del mio volto, il suo pollice soffermarsi sulle mie labbra.
«Ho sempre amato quei palloncini», dice. La mia testa scatta verso i suoi occhi così in fretta che la mia visuale si sfoca per un momento.
«No», sussurro. Vedo il dorato delle sue iridi venire assorbito dal nero delle pupille un attimo prima che si avvicini a me e mi baci. Con dolcezza, lentamente, assaporando l’istante e le mie labbra. Quando si stacca aspetta che io riapra gli occhi per parlare.
«Dimmi che l’hai sentita anche tu, questa sensazione di tempesta tra di noi», mormora. «Dal primo momento, come un rumore bianco che ci lega».
Samuel segue il mio movimento e si avvicina, al punto che le nostre labbra sono a un centimetro di distanza, poi, senza alcun preavviso, mette la mano libera sulla mia nuca e mi tira a sé. Le nostre labbra si fondono per un momento, immobili, premendo le une contro le altre, ma non appena le dischiudo sento Samuel premere per entrare. È questo che vuole fare, Samuel: vuole entrare. Non so perché pensi che ne valga la pena o perché voglia stare con me, ma sento che vuole entrare e toccare le mie zone d’ombra, illuminandole con la sua sola presenza. Ed io, di nuovo, come la scorsa notte, glielo faccio fare. Emetto un gemito e apro le labbra al suo sapore, le nostre lingue si intrecciano e i nostri corpi di avvicinano. Faccio scorrere la mano tra i suoi capelli e stringo la presa, perché …non so perché, immagino che mi piaccia sentirmi così. Viva. Mi sento viva con lui e mi gira la testa al punto che mi stacco e lo osservo.
Ha le labbra umide e mi guarda come se io fossi l’acqua e lui un naufrago nel deserto.
«Di questo parlavo, Emma», dice, la mano ancora sulla mia nuca e l’altra intrecciata alla mia. Provo a svincolarmi dalla sua presa, ma lui mi trattiene.
«Quindi, te lo chiedo ancora una volta: che problema c’è tra noi?».
«Il problema di quando ti leghi a qualcuno è che gli doni un pezzetto di te», le dico, accasciandomi sul divano, le spalle curve. «Quando quel qualcuno va via, qualunque sia il motivo, si porta dietro quel pezzo di te e tu non funzioni più come prima», deglutisco, cercando di ingoiare il nodo che sento in gola.
«Il corpo è un orologio quasi perfetto, quindi continui a mangiare e, se tutto va bene, riprendi anche a dormire, prima o poi. Ma c’è comunque qualcosa che non funziona, perché tu sei tu, ma senza qualcosa. Tu sei tu, ma senza un pezzetto di te. E come fai a essere te stessa se non hai tutti i pezzi?», chiedo, guardandola.
Restiamo a guardarci per tutto il tempo, come se avessimo paura di perderci nella strada che ci porterà a trovarci uniti più che mai.
Non ci perdiamo, i nostri respiri si rincorrono alla ricerca del piacere nel momento stesso in cui mi penetra, con forza, senza preamboli. Immagino che la sua premessa di andarci piano ci sia sfuggita di mano, ma non mi lamento, mi piace questo lato di Samuel, il modo in cui mi guarda e sembra voglia entrare nella mia anima con ogni spinta, il modo in cui vuole che mi arrenda a ciò che provo con ogni tocco delle sue mani e delle sue labbra. E io mi arrendo, perché i miei pensieri sono scompigliati come i suoi capelli sul mio viso e le mie emozioni sono fuori controllo come le scintille di piacere che si accendono nel mio corpo. Restiamo in silenzio per qualche minuto, stretti l’uno sull’altra, poi Samuel si sposta di lato e mi stringe a sé. Non parliamo, non diciamo nulla, ma non ce n’è bisogno. Mi addormento con la testa sulla spalla di Samuel e una strana sensazione nel cuore. Non so cosa sia, non so darle un nome, so solo che mi piace. Mi piace da matti.
Samuel accorcia la distanza tra noi e mi bacia. Non è un bacio dolce e nemmeno leggero, perché mi travolge completamente. Si schiaccia contro il mio corpo, una mano sulla nuca, l’altra che stringe il mio fianco, sento le sue dita che scavano nella pelle con forza, come per paura di una mia fuga. Non lo farò, sono troppo concentrata sul suo sapore, dischiudo le labbra e lo lascio entrare, gemendo di piacere quando la sua lingua incontra la mia. Ed è in questo preciso istante che lo capisco: Samuel non è una di quelle persone che ti conquistano un po’ alla volta. Samuel si insinua sotto pelle dal primo momento e poi esplode prepotentemente dentro te, senza attendere che tu sia pronta. Samuel è come quei temporali improvvisi che ti travolgono e tu non puoi farci nulla se non attendere che il temporale si trasformi in qualcos’altro.
«Sì, più o meno intendevo questo, Emma», sussurra, scoccandomi ancora un leggero bacio sul naso e poi sulla fronte. Poi mi abbraccia, stringendomi così forte che il mio respiro si ferma per un momento.
«Resta concentrata su di noi, aspirina», sussurra tra i miei capelli e io comprendo che il temporale non è ancora passato e che, forse, questo temporale non è così brutto, perché fa volare il mio cuore senza apparentemente danneggiarlo.
«Tu mi fai sentire come un funambolo, Samuel», gli confesso a voce bassa, guardandolo. «Un attimo prima cammino serena per la mia strada, una strada vera, e poi…», agito la mano in direzione del pavimento.
«E poi, dopo?», chiede, la voce improvvisamente seria.
«E dopo arrivi tu e buuuum!», urlo, girandomi e sbattendo il palmo alla porta.
«Spiega “bum”», chiede senza avvicinarsi, immobile e distante, le sopracciglia corrugate.
«No, no! Non Bum, ma Buuuuuum!», la voce mi trema, mentre guardo la porta e mi chiedo che diavolo sto facendo. Ma continuo, voglio che sappia come mi sento, come lui mi fa sentire. «All’improvviso niente più strada, o asfalto. No, ora c’è solo una misera fune su cui camminare! E io ho i tacchi, non so stare in equilibrio, Samuel! Tu mi fai perdere l’equilibrio, capisci?», chiedo girandomi, sperando abbia capito il mio folle ragionamento.
«E cosa accadrebbe se cadessi, Emma?», sussurra così dolcemente che sospiro due volte prima di rispondere.
«Non lo so, Samuel. Sotto non c’è nulla, mi farei molto molto male. Non voglio farmi male, Samuel», gli spiego, con un senso di vertigini, come se stessi davvero in equilibro, ora, su quella fune.
«No, Emma. Ti sbagli», mormora a voce così bassa che credo di non aver sentito.
«Cosa?»
«Sotto c’è la vita, tesoro. Devi solo avere il coraggio di guardare giù. Siamo tutti smarriti, amore. Nessuno sa bene come fare per amare senza farsi male. Però questo non può impedirci di tentare e godere della felicità che abbiamo. Negarla, rifiutarla, quella sarebbe la vera perdita». Restiamo in silenzio per un po’, mentre io immagino di essere su quella fune e di perdere l’equilibrio.
Non mi dà tempo di replicare perché cattura le mie labbra in un attimo e io mi perdo nel suo bacio che sa di rinascita e vita e vento e mare al tempo stesso. Mi aggrappo alle sue spalle con i brandelli di quest’anima che sento rinsaldarsi tra le sue braccia e sento nascere nel mio cuore una piccola scintilla che non riconosco subito. Ha il sapore dolce del miele con il retrogusto del cioccolato fondente. È la speranza, promessa di felicità che chiede di essere gustata. E io la gusto, di nuovo, come quella sera nel capanno del Jungle Park, decido di vivere e di lasciare che questo ragazzo dal cuore d’oro come i suoi occhi accarezzi la mia pelle e la mia anima con il suo tocco che ha il sapore della vita vissuta senza preoccuparsi del domani.
Kimberly Spencer è lo pseudonimo di un’autrice italiana.
Scrive da una decina di anni e questa è la sua “rinascita artistica” con un romanzo divertente e romanticissimo!
Rimanete sintonizzati, è in arrivo la recensione. A presto!
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.