«Eddai! Lo sai che mi ci sono voluti secoli per pettinarmeli così!», mi indirizza una veloce linguaccia, prima di sistemarsi, con movimenti veloci ed esperti delle lunghe dita da pianista, la chioma in una piega a dir poco perfetta.
«E io mi chiedo perché lo fai, dato che sono l’unica a vederti!», rido e scuoto la testa, guadagnandoci di conseguenza una nuova linguaccia.
«Lo stile è stile, anche se a guardarmi ho solo una ragazzetta con i capelli sempre bicolore, che indossa esclusivamente scarpe da tennis strambe e improbabili, e t-shirt assurde».
Passo le dita tra i miei capelli castani con le punte sfumate di un bellissimo color indaco, dandomi anche una veloce occhiata alla felpa che questa mattina ho pescato a caso dalla mia sacca da viaggio: sopra ha la stampa di una tazza di caffè e un cartone del latte in stile kawaii, con la scritta: BETTER TOGETHER. Me la liscio con il palmo e sorrido compiaciuta.
«Che ha che non va?», sfarfallo le ciglia con fare candido.
«Lasciamo perdere…» Sospira con il suo consolidato fare teatrale, avvolgendomi affettuoso con un braccio attorno alle spalle. «È solo che ti ostini a indossare quelle felpe e quelle maglie informi, che nascondono il tuo delizioso corpicino, amica mia! Hai due tette che farebbero invidia e gola a chiunque, e tu le celi dentro a cotone di pessima manifattura e scritte idiote? Senza contare che non metti mai in risalto i tuoi favolosi occhi, più unici che rari, con i capelli costantemente sciolti a coprirti il bel faccino». Mi afferra una guancia rosea per strizzarmela affettuosamente, prima di gettarmi, stizzito, i capelli all’indietro.
«Sei un vero cretino! Se non fossi gay e morto da quasi venti anni, mi sentirei alquanto arrabbiata per il fatto che tu mi abbia sbirciata mentre mi cambiavo, a quanto pare!». Gli mollo una gomitata allontanandomi per avvicinarmi al bagagliaio della macchina e iniziare a scaricare le mie cose, prima che passi qualcuno e mi veda parlare da sola.
Milo ride allegro ed è un vero peccato che io sia l’unica in grado di sentire il suono della sua risata, perché è musicale come quegli scacciapensieri giapponesi che si muovono al vento, i fūrin.
«Non l’ho fatto a posta, lo giuro. Stavo fluttuando in camera tua e ti ho beccata in flagrante… e diciamo che poi sono rimasto a sbirciare per pura curiosità scientifica. Sai, da aitante ragazzo gay, morto a soli 24 anni, non ho mai visto una donna svestita e quindi ho voluto curiosare», si stringe nelle spalle larghe e magre, mantenendo ben salda la sua aria da furbastro nelle iridi di un particolare azzurro, che io non saprei in che altro modo definire se non nebbioso. Molto belle.
«See… curiosità scientifica…»"
"In simultanea, io e Milo ci voltiamo verso la porta, dove una figura in nero se ne sta ritta con un braccio disteso in avanti e, dalla mano spalancata, fuoriescono delle piccole scintille azzurre, simili a lingue di fuoco.La figura è un po’ in ombra, visto che ora le candele si sono spente, e l’unica fonte di luce è quella del corridoio, ma sembra un ragazzo piuttosto alto.
Il tipo misterioso emette un nuovo fischio e la pantera, che era rimasta immobile sopra al letto, scende e lo affianca, prendendo a fare le fusa e a strusciargli il testone contro il fianco, prima di voltarsi verso noi due, ancora sconvolti e imbambolati come stoccafissi, a fissare la scena insensata.
Gli occhi del felino, di un giallo liquido simile a oro fuso, incredibilmente belli e famigliari, risplendono come fuochi fatui nell’oscurità della stanza e si impuntano esattamente su di me.
Oddio! Speriamo non voglia il dessert, ora!
Istintivamente mi accuccio tutta appiccicata a un fianco di Milo, che mi avvolge lesto nel cerchio delle sue braccia, attirandomi quasi a sedere sopra di lui, intanto che entrambi non perdiamo di vista i nostri insoliti salvatori.
«Bè? È così che ci accogliete? Senza nemmeno un grazie, un’ovazione, una standing ovation, lancio di reggiseni e mutandine… niente?», si lamenta il misterioso tipo in nero.
Arriccio perplessa le sopracciglia. «Co-come?», ho la bocca impastata di paura e ansia, e le lettere mi escono tutte incollate alla lingua.
L’ombra emette un pesante sospiro, piegandosi sulle ginocchia davanti a noi e a un suo solo schiocco di dita, tutte le luci della stanza si accendono, permettendoci finalmente di capire chi abbiamo di fronte, e anche di dargli un volto.
E che volto, accidenti!
Non riesco a evitare ai miei occhi di spalancarsi, intanto che la mia vista si abitua alla nuova luce e prende a decodificare il viso di un ragazzo molto, ma molto carino. Di quelle bellezze che non sono perfette e assolute, ma accattivanti e impossibili da ignorare. Gli occhi, che mi paiono grigi come un temporale, possiedono un taglio un po’ affusolato, egregiamente incorniciati da folte ciglia nere, come neri sono i suoi capelli lunghi fino al mento, che lui a quanto pare ama portare con la riga da un lato, in maniera tale da avere un ciuffo ribelle che gli ricade davanti al volto. I lineamenti sono spigolosi, decisi e la carnagione di un bel rosa, pare essere decorata da lentiggini e nei.
«Io vi salvo la vita e voi non mi ringraziate nemmeno? Non è molto carino!», sorride malizioso e la malizia direi che lo veste alla perfezione.
Un sorriso che mi fa arrossire, purtroppo."
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