giovedì 11 marzo 2021

La vostra voce: "Pinot grigio a colazione" di Floriane Canovas

Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.

Oggi vi parleremo di "Pinot grigio a colazione" di Floriane Canovas.









Titolo:
Pinot grigio a colazione
Autore: Floriane Canovas
Collana editoriale: Belle Époque Pink (Della Segreti in giallo edizioni)
Genere: Giallo/Romance
Pagine: 161
Cartaceo: – (non ancora disponibile) E-Book: € 2,99 lancio (€ 0,99)
Link d'acquisto: ebook; cartaceo;








La vita matrimoniale di Barbara va a rotoli. Sta per separarsi da suo marito e come se non bastasse scopre che lui ha un'altra da ben cinque anni. Ossia, da quando si sono sposati.

Sola e disoccupata finisce per accettare il lavoro in un pub. Qui ritrova una sua vecchia amica di infanzia e incontra Alessandro. Tra lei e il suo capo scatta una fatale attrazione che diverrà amore.

Una serie di rivelazioni sconvolgenti però, la porteranno ad affrontare un passato sconosciuto e pericoloso sul quale incombe una scia di brutali omicidi.

Il serial killer è lì, più vicino di quanto creda.





Ecco 𝟱 buoni 𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗿e il romanzo: 

1. C'è una bella storia d'amore (con un manzo ahahah)
2. La protagonista dovrà risolvere un mistero terribile che le travolgerà la vita
3. In questo romanzo si sottolinea la forza delle donne
4. C'è adrenalina
5. Parla anche di rinascita 







PRIMO ESTRATTO

Sono stanca. Di quella stanchezza che ti risucchia in un vortice nero. Mentre le urla di Giacomo riempiono la stanza, afferro la borsa.
Prima di uscire dalla porta gli occhi mi cadono sulla foto delle nostre nozze, ero così felice quel
giorno nel mio abito bianco con il corsetto ricamato in pizzo, il mio sguardo era pieno d'amore per il mio sposo. Un matrimonio che sembra perfetto, quello che tutti sognano e desiderano ma che tra le mura domestiche da qualche anno a oggi non riconosco più.
Un momento prima sei felice, fai progetti, sogni, programmi viaggi. Un attimo dopo prepari la
valigia e te ne vai.
Carico il borsone dentro la mia Mitsubishi Space Runner del '97 e imbocco il vialetto dando un
ultimo saluto a quello che ormai sarà il mio vecchio indirizzo; guardo nello specchietto retrovisore la casa su due piani di mattoni rossi diventare sempre più piccola e lontana e mentre guido senza meta mi sento quasi sollevata.
Non sono pronta a tornare dai miei genitori e affrontare il discorso. Loro sono all'oscuro della crisi che va avanti da anni tra me e mio marito e, dopo l'ennesimo litigio, non ho la forza di spiegare tutto alla mia famiglia e rispondere alle loro domande, quindi vado in un b&b della zona.
Per fortuna mi sono rimasti dei risparmi dal mio ultimo lavoro, così per qualche giorno posso
starmene sola e riordinare le idee.
Come prima cosa da fare devo assolutamente trovare un'occupazione, visto che dopo il fallimento della ditta per la quale lavoravo come biologa, sono rimasta disoccupata.
La stanza è carina, un bel letto matrimoniale bianco posato su un parquet grigio. È in stile shabby chic, che va tanto di moda ultimamente, ma devo dire che mi piace.
Devo farmi una doccia, ho bisogno di lavare via tutta la tossicità di quest'ultima discussione. Mentre l'acqua scorre sulla mia pelle mi rimbombano nella mente tutte le frasi cattive che mio marito mi ha detto ultimamente.
Dopo il matrimonio è cambiato. Prima mi trattava come una regina, la sua regina. Poi ci siamo
sposati, cosa che desideravamo tanto entrambi, ma da quel momento le cose sono vertiginosamente precipitate.
Esco dalla doccia e mi stringo nell'accappatoio in spugna bianca.
Profuma di pulito. Questo odore mi fa quasi sentire a casa e mi dà una carica inaspettata.
Devo scrivere una lista delle cose da fare.
Afferro il cellulare per aprire il blocco note ma trovo tre chiamate di mia mamma, due del mio papà e vari sms con scritto in maiuscolo di richiamarli.
Chiamo mia madre che risponde al secondo squillo.
«Oh mio Dio, dove sei?»
Il suo tono è carico di ansia e preoccupazione.
«Perché? Che succede Mamma? State tutti bene?»
Non posso dir loro che sono in un b&b, troppe domande.
Sospira. «Ci ha chiamati Giacomo, pensava fossi qui. Ci ha detto che domani devi andare a
prendere la tua roba altrimenti la butta. Mi vuoi dire cos'è successo?»
Ecco. Non sono pronta a parlare ora.
Non sono pronta a spiegare.
Non sono pronta a giustificarmi.
«Domani passo di là e vi spiego tutto.»
La mia voce risuona più triste di quel che voglio e un nodo inizia a chiudermi la gola. Cerco di
ricacciare indietro le lacrime che fanno capolino dagli occhi ma in poco tempo il cellulare inizia a bagnarsi.
«Tesoro, mi fai preoccupare così. Dimmi dove sei, non voglio lasciarti sola!»

Sento l'apprensione di mia madre dall'altro lato della cornetta e so che non mi lascerà in pace finché non mi vedrà di persona.
Devo dirle dove mi trovo «Ti mando l'indirizzo via messaggio.»
Le sue mani stringono le mie, pensavo sarebbe stato più difficile raccontare la fine del mio matrimonio ma contro ogni aspettativa mi rendo conto che parlarne con qualcuno mi alleggerisce.
«Perché non me lo hai detto?»
Dietro a questa domanda percepisco una sorta di senso di colpa per non essersi accorta di niente.
Faccio un respiro profondo.
«Perché speravo cambiasse. Speravo iniziasse ad amarmi di nuovo come qualche anno fa. Speravo di sbagliarmi e avevo paura di buttare all'aria tutto... Mi sento una fallita!»
Un lampo d'orrore appare negli occhi di mia madre.
«Fallita? Perché lasci un uomo che ti ha trattata male per anni? Dovevi farlo prima. Dovevi parlarcene. Noi siamo dalla tua parte... Tuo padre ed io siamo qui per te.»
Mi sento in colpa per non essermi confidata prima con loro, forse non sarei arrivata a questo punto.
Forse oggi non sarei l'ombra di me stessa.
«Mi dispiace mamma!»
Il suo abbraccio e la sua stretta mi danno forza.
Ho sete e fame, non ho cenato e il mio stomaco inizia a brontolare rumorosamente.
«Non hai mangiato?»
Scuoto la testa.
«Ho visto una tavola calda qui sotto. Perché non vai a mangiare un boccone? Io rimango qui e
chiamo tuo padre che è preoccupato.»
Non ho voglia di uscire ma la fame inizia a farsi sentire prepotentemente. Vado a lavarmi il viso e a darmi una sistemata. Il riflesso nello specchio non mi piace. Vedo una donna troppo pallida, con occhiaie troppo grandi che contornano occhi castani spenti. Raccolgo i capelli in uno chignon morbido e alcune ciocche castane mi cadono sul viso. L'acqua fresca a contatto con la pelle bollente per il pianto mi dà sollievo.
Afferro la giacca in similpelle e mi dirigo verso il pub che si trova di fianco al mio alloggio.
È eccessivamente affollato per essere un martedì, meglio cercare un posto appartato per non dare nell'occhio, così mi siedo sull'unico sgabello libero al bancone, vicino alla cassa.
Una ragazza poco più che maggiorenne, con i capelli rosa, si avvicina e mi lascia un menù anche se so già cosa mangiare.
«Posso già ordinare?»
Mi guarda stupita mentre le rendo la lista delle pietanze.
«Sì»
Le sorrido cortesemente. «Vorrei un club sandwich con salsa rosa a parte e una birra media alla spina. Grazie!»
Mentre attendo la mia cena, una coppia si avvicina alla cassa per pagare. Porgono cinquanta euro e il mio sguardo si sofferma sul cassiere: un uomo sulla ottantina con molti capelli bianchi e una barba un po' incolta.
La voce scocciata della coppia mi riporta alla realtà.
«Il resto è sbagliato!»
Il signore anziano rimane calmo e cerca di rifare i conti porgendo altre monetine di resto ma si vede che è in difficoltà così, senza rendermene conto, mi infilo nella discussione.
«Sono tredici euro e novantadue centesimi di resto.»
Tutti e tre si girano a guardarmi e il cassiere fruga tra le monetine aggiungendo i tre euro che
mancavano.
La coppia se ne va senza salutare mentre il signore mi ringrazia.
«Cosa ci fa una giovane donna tutta sola in un bar?»
I suoi occhi sono gentili e la sua domanda è priva di qualsiasi malizia.
«Mangio» rispondo sorridendo mentre addento il panino appena arrivato dalla cucina.

«Come si chiama?»
«Barbara, lei?»
Bevo un sorso di birra.
Alza una bottiglia in vetro di birra per brindare. «Bruno.»
Un gruppo di amici interrompe la nostra chiacchierata per chiedere il conto ma inaspettatamente il cassiere mi chiama.
«Barbara scusi, visto che è così brava, verrebbe qui a dare una mano a questo povero vecchio?»
Non so se è una cosa legalmente accettabile ma non posso dir di no ad una richiesta d'aiuto così garbata. Prendo il mio panino, la mia birra e faccio il giro del bancone.
Con la coda dell'occhio mi accorgo che una delle cameriere sta telefonando a qualcuno e sento il nome «Bruno» in mezzo al discorso.
«Pensa sia sicuro che io stia qui con lei?»
Non vorrei finire in mezzo ai guai, ne ho già abbastanza.
Mi sorride tranquillizzandomi. «Ma certo cara, nessuno potrà dirle qualcosa finché io sono qui.»
I suoi occhi neri mi scrutano nel profondo come se fosse alla ricerca di qualcosa.
La porta d'ingresso sbatte così forte da far girare tutti i clienti verso la direzione del rumore.
Un uomo alto, capelli brizzolati spettinati, con addosso una t-shirt blu e un paio di jeans grigi si sta dirigendo nella nostra direzione con passo deciso.
«Laura,» una delle cameriere si gira verso di lui, «vieni in cassa.»
La sua espressione è indecifrabile ma il tono è pieno di rabbia.
Non promette nulla di buono.
«Voi due venite con me.»
Bruno si alza lentamente e io lo seguo.
Finiamo in una specie di retrobottega con una porta in acciaio su una parete. Quello che deduco essere il proprietario la apre e ci ritroviamo in un piccolo ufficio con scartoffie ovunque e una parete piena di scatoloni di bottiglie.
«Bruno, mi vuoi spiegare che succede?»
So che non sta parlando con me e dovrei semplicemente prendere le mie cose e andar via ma non riesco a fermarmi. «Non se la prenda con lui, la colpa...»
Vengo interrotta bruscamente. «Non sto parlando con lei.»
I suoi occhi sono color ghiaccio e in quel momento penso rispecchino bene la sua anima.
La figura anziana al mio fianco afferra una sedia e prende posto.
«Caro Alessandro, sono anziano e la signorina Barbara mi ha solo aiutato con i conti, è davvero molto brava. Dovresti assumerla!»
Rimango spiazzata e, a giudicare dall'espressione del capo, non sono la sola.
«Non vuoi più lavorare qui?»
«Sono pronto a lasciare il mio vecchio bar se assumi questa giovane donna al mio posto...»
Anima di ghiaccio sospira mentre Bruno si alza e un po' zoppicante se ne torna in sala.
Alessandro si siede dietro la scrivania e inizia a frugare dentro un cassetto.
Afferra una penna e mi fa segno di sedermi sulla sedia davanti a lui.
«Allora Barbara, in genere faccio un contratto di sei mesi a tempo determinato poi si passa
all'indeterminato. Per le ferie si fa a rotazione ma come ultima arrivata ovviamente dovrà prendere le settimane che rimangono. Lo stipendio invece è...»
Lo interrompo confusa. «Mi sta offrendo un lavoro?»
«Non è quello che vuole?»
No!
Sì.
No.
Un lavoro mi serve. Sono una donna che sta per divorziare, devo ripartire da qualche parte e per quanto come capo mi sembri un vero stronzo, direi che è la proposta più allettante della giornata.

SECONDO ESTRATTO

Sono molto agitata. Sono nella sala d'attesa nello studio dell'avvocato e mi sembra tutto surreale.
Fino a una settimana fa ero:
Sposata
Felice... No, felice no.
Con una casa tutta mia.
Inconsapevole di essere un cervo a primavera da cinque anni.
Con una famiglia unita.
Si può definire unita una famiglia così? Non so.
Oggi invece sono:
Una cassiera di una tavola calda
Ex moglie
Consapevolmente cornuta
Tornata a vivere coi miei.
È incredibile quanto possano cambiare le cose in pochi giorni.
La porta in noce davanti a me si apre e la segretaria uscendo mi fa segno di accomodarmi.
Rimango per un attimo ferma sulla porta nel vedere che l'avvocato che immaginavo essere vecchio, grasso e stempiato è invece alto, moro e decisamente giovane.
«Prego signora Buscelli, si accomodi pure.»
Il suo sorriso perfettamente bianco mi abbaglia mentre prendo posto su una delle due poltrone in pelle nera.
Mi ritrovo a parlare per più di un'ora con questo meraviglioso esemplare di essere umano di sesso maschile del mio matrimonio fallito, appuntandomi ogni suo consiglio sul come agire e come comportarmi.
«Visto che suo marito lavora per molti mesi lontano da casa, è possibile che lei ottenga anche la vostra abitazione.»
Mi lascio andare sullo schienale della poltroncina, sono stremata dal racconto.
Chiudere un matrimonio è emotivamente molto più difficile di quello che pensavo. «Onestamente non voglio nulla da lui, solo divorziare.»
L'avvocato appoggia le braccia sulla scrivania avvicinandosi a me col busto.
«Barbara, non è facile vivere quello che sta vivendo. Capisco quanto possa sentirsi sola e come tutto questo le sembri un enorme muro da scavalcare. Ma le assicuro che ne verrà fuori presto e che i sentimenti d'amore che prova verso suo marito svaniranno smettendo di farla soffrire.»
Mi lascio andare ad una risata così esplosiva e inaspettata da non riuscire a fermarmi. Mi cola il naso e le lacrime scendono copiose mentre cerco inutilmente di ricompormi.
«Mi scusi, è che non amo più mio marito da tempo. Non soffro per questo. Anzi, a dire la verità non soffro per nulla, ho solo voglia di riprendere al più presto in mano la mia vita e la mia totale indipendenza.»
L'uomo davanti a me rimane totalmente spiazzato e non proferisce parola.
Afferro la borsa dalla poltroncina al mio fianco e mi alzo.
«Grazie mille per la consulenza. Rimango in attesa di una sua chiamata per sapere come procedere» gli porgo la mano e noto che abbandona i suoi pensieri.
Si alza e stringe la mia. «Certamente, è stato un vero piacere conoscerla.»
Mi dirigo verso la porta quando la sua voce mi spinge a voltarmi nella sua direzione.
«Barbara, so che non è molto professionale da parte mia ma che ne pensa di cenare con me questa sera?»
Il mio primo appuntamento post rottura...
«Questa sera non posso, lavoro. Ma se vuole possiamo vederci domani a pranzo.»
Apre la sua agenda e con lo sguardo scorre una pagina.
«Le andrebbe invece un caffè adesso?»
La sua proposta mi coglie di sorpresa. «Ma non deve lavorare?» gli chiedo.

Alza la cornetta del telefono e dice alla sua segretaria di annullare il prossimo appuntamento.
«Andiamo?»
La sua voce si fa calda mentre si alza e si dirige verso la porta.
Questa volta la persona senza parole sono io e mi limito a seguirlo.
Una volta davanti al marciapiede arriva un'auto nera che accosta davanti a noi.
Mi apre la portiera posteriore. «Prego»
Mi accomodo e lui si siede vicino a me. «Giorgio, per favore, portaci al bar
Le Farfalle.»
Mi volto perplessa, mentre in risposta ricevo un sorriso gentile.
«È il suo autista?»
Non pensavo che un avvocato guadagnasse così tanto da potersi permettere tutto questo.
«Sì. Ha fame?»
Il suo cambio di discorso mi fa capire che non vuole parlarne.
«Un po'. Non è facile per me rinunciare ad una fetta di torta al cioccolato insieme al caffè.»
Sorride, illuminando l'intero abitacolo. «Bene.»
L'auto si ferma e l'autista ci apre la portiera.
Davanti a me c'è un ingresso bellissimo in vetro decorato con dell'edera dorata sulla quale si posano alcune farfalle tridimensionali dello stesso colore. Nessuna insegna, niente che faccia capire che c'è una caffetteria all'interno.
Il mio cavaliere tira fuori una piccola chiave e apre. Lo scenario davanti a noi mi lascia senza
parole: non è un bar qualunque, ma un open space all'aperto. Una zona è riparata dal sole con un gazebo bianco ricoperto di fiori rampicanti rosa che fanno da cornice a un bellissimo muro alto tutto in pietra e ci sono poltroncine e tavolini sistemati tutto intorno.
Sembra di essere in una fiaba.
«È bellissimo.» Sono totalmente affascinata. Come faccio a non conoscere questo posto visto che vivo qui da sempre. Forse è un club segreto e privato visto che il mio accompagnatore ha la chiave.
«Signor Poff, bentornato. Ordina il solito?»
«Per me sì, per la mia accompagnatrice invece un caffè con una fetta di torta al cioccolato. Grazie Pierre».
Ci accomodiamo sulle poltroncine bianche sotto il gazebo. Non faccio in tempo a parlare che una farfalla bianca si posa sul tavolino davanti a noi. Solo ora realizzo che l'intero locale è pieno di farfalle meravigliose, colorate, vive.
Stupende.
«Sono senza parole avvocato Poff. Questo posto è davvero fiabesco, come ne è venuto a
conoscenza?»
«Mi chiami Luca. Beh vede, questo posto è mio. È una mia creazione...»
Rimango a bocca aperta.
«Quando la mia ex moglie ed io ci siamo lasciati per mia figlia è stato un duro colpo, così ho deciso di donarle un po' di spensieratezza realizzando un locale fiabesco. Alla fine però è riuscito così bene che il mio architetto, nonché grande amico, mi ha consigliato di trasformarlo in un club esclusivo, così lo apro ad una clientela ristretta solo il fine settimana.»
Deve amare molto sua figlia per aver creato una cosa così bella e unica.
«Sono sbalordita, davvero. Quanti anni ha sua figlia?»
Sorseggia un po' di cappuccino. «Oggi ne ha dieci, ma all'epoca quando l'ho aperto ne aveva
cinque.»
Quindi sono cinque anni che è divorziato, mi domando quante donne abbia avuto in questi anni.
«Beh complimenti, è un posto meraviglioso.»
Sorride compiaciuto ma il suo telefono inizia a suonare. «Mi scusi, devo rispondere»
Si alza e si allontana mentre io finisco la mia torta e mi godo questo spettacolo di ali colorate.
«Scusi Barbara, devo tornare in ufficio per una questione che non posso proprio rimandare. Posso chiamarla al numero che mi ha lasciato?»
Rimango un po' delusa dal dover andar via da un posto così bello, però il lavoro è lavoro «Certo!»
Sorride. «La faccio riaccompagnare a casa dal mio autista. È stato un piacere conoscerla.»

Si avvicina posando delicatamente le sue labbra sulla mia guancia. «A presto.»
Non faccio in tempo a dire che sarei tornata a casa in taxi che mi ritrovo sola nel locale.
Una volta nell'auto prendo in mano il cellulare e trovo alcuni sms.
Mamma:
Io e papà siamo al Club, torneremo dopo cena. Spero che l'appuntamento con l'avvocato Poff sia andato bene. Fammi sapere appena esci dal suo studio.
Numero sconosciuto: Ciao, alla fine l'appuntamento è stato un vero successo. Ho scoperto che il mio salvatore è uno specializzando in medicina ed è veramente molto simpatico. Grazie per aver insistito nel farmi andare :)
Ah, è Katia. Non avevo ancora memorizzato il suo numero. Non mi aspettavo scrivesse, forse vuole rimanere in contatto. Non lo so, quella ragazza mi è sembrata in qualche modo alla ricerca disperata di un'amica e ammetto che la cosa non mi dispiace.
Digito rispondi:
Vedi? Ogni lasciata è persa! Vi rivedrete?
Arrivo a casa dei miei e dopo aver ringraziato l'autista mi siedo un po' in giardino sull'erba mentre chiamo mia madre per raccontarle dell'incontro.
Il sole autunnale è ancora caldo e l'aria leggera è piacevole. Osservo le nuvole bianche creare forme nel cielo limpido, respiro a pieni polmoni e mi sento viva.
Non mi sentivo così piena di energie da anni.
La voce di mia mamma è stranamente allegra dopo il mio racconto sull'uscita con l'avvocato.
«Wow tesoro, ma è fantastico. Tra l'altro lui è un buon partito...» abbassa la voce, «Lui è figlio del famoso imprenditore Poff.»
Faccio mente locale. «Ma chi? Il magnate del legno?»
«Esatto.»
Ora capisco come possa permettersi di lasciare il lavoro all'improvviso e possedere un posto così lussuoso. E uno come lui, che può avere tutte le donne che desidera, è interessato a me? C'è qualcosa che non quadra.
Questa sera il bar è pieno di gente. C'è una cover band dei Queen davvero brava e il locale è
talmente affollato che alcuni clienti sono obbligati a sorseggiare birra in piedi, appoggiati al
bancone.
Alessandro è euforico e felice per la buona riuscita della serata e Luisa è talmente indaffarata in cucina che non è nemmeno riuscita a fare la pausa sigaretta.
Questa sera nessuna bionda per il grande capo e questo mi fa pensare che abbia già chiuso con lei.
Passerà ad un'altra preda visto che è sicuramente il classico tipo che scappa una volta ottenuto
quello che vuole.
Ma perché ci penso così tanto, chi se ne frega di Mr super affascinante.
Per fortuna siamo in chiusura, sono distrutta.
Laura mi chiama dall'altro lato del bancone. «Barby, per favore puoi dare una mano a togliere i bicchieri dai tavoli?»
La band sta ricevendo il compenso per la serata mentre io riempio il vassoio di bicchieri e piatti.
Mi dirigo verso la cucina quando scivolo su una patatina fritta e rovescio l'intero vassoio su
Alessandro.
La sua camicia bianca è ricoperta di coca, birra e qualche combinazione di varie salse.
«Accidenti! Scusa. Aspetta ora te la pulisco... Vieni.»
Mi segue mentre ci dirigiamo verso il magazzino. Prendo un panno e lo bagno sotto il getto d'acqua del lavandino poi apro la porta del suo ufficio e inizio a cercare un detersivo o un qualche sapone ma non trovo nulla, mentre lui segue tutti i miei movimenti senza fiatare.

Non trovando quello che cerco, inizio a strofinare con lo straccio imbevuto di acqua. «Mi dispiace tantissimo...»
«Aspetta,» la sua voce sembra quasi divertita.
Si sbottona la camicia e me la lascia mentre apre un cassetto della sua scrivania per tirar fuori una tshirt di ricambio.
«Hai una scorta di magliette nel caso in cui qualche imbranata ti rovesci addosso la cena di
qualcun'altro?»
Mi lascio sfuggire la mia solita risatina isterica che cerco subito di soffocare mordendomi la lingua ma, con mia sorpresa, inizia a ridere anche lui.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia! Eri tutta preoccupata per la camicia, sei partita come un treno alla ricerca di non so bene cosa...»
Smetto di ridere, mi sento un po' punta nell'orgoglio. «Vedi, mia madre mi ha sempre detto che se si tampona subito ci sono più possibilità che la macchia vada via. E in effetti sulle camicie di mio marito la cosa funzionava... Comunque te la porto in lavanderia per rimediare al danno.»
Si avvicina con passo deciso. «Ancora te ne preoccupi? È solo una camicia, posso sempre ricomprarla... E poi non è nemmeno la mia preferita.»
D'un tratto sento il mio corpo rilassarsi e il senso di colpa attenuarsi.
«Peccato, ti stava molto bene...»
Ma cosa cavolo sto dicendo al mio capo!
Babs chiudi quella bocca. «Comunque la porto a lavare.»
Sbuffa spazientito e alza le mani in segno di resa. «Così sei sposata?»
Faccio una smorfia. «No, non più.»
«Sei ancora innamorata?»
Mi scappa un verso di disgusto. «Assolutamente no!»
“Buon per me.”
Sbarro gli occhi per lo stupore. «Cosa vuoi dire?»
Sorride lasciandomi senza fiato. «Esattamente quello che ho detto!»
Esce dalla stanza e un brivido mi percorre tutto il corpo quando passandomi accanto mi sfiora la mano. C'è una chimica pazzesca tra di noi, devo assolutamente stargli alla larga altrimenti rischio di farmi male.
Recupero le mie cose e afferro il cellulare, trovo due messaggi. Apro prima quello di Katia:
Ha detto che vuole rivedermi domani sera per cena + cinema! :)
Evidentemente ho occhio per accoppiare le persone, il problema è che sono un vero disastro con me stessa.
Passo al secondo messaggio, è di Luca:
Cara Barbara, sono costernato dall'essere dovuto andare via così di fretta, oggi. Spero di poterla rivedere domani sera... Per una cena? Prometto di non scappare questa volta!
Com'è formale, sembra uscito da un romanzo ottocentesco.
Signor Poff, mi dispiace informarla che domani sera lavoro, ma se vuole ho la serata libera
giovedì...
Salgo sulla mia scassatissima Mitsubishi e mi dirigo a casa. La strada è vuota e mi godo il silenzio nella mia auto. Qualche goccia di pioggia bagna il parabrezza e mi lascio trasportare dal dolce suono del suo battere sui vetri.
Stesa a letto sento intensificarsi il dolore alla schiena per la botta della caduta, cerco di respirare e di concentrarmi su altro. Allungo il braccio verso il comodino per afferrare il telefono che continua a lampeggiare illuminando la stanza, ho il display pieno di messaggi whatsapp.

Katia: Giovedì ti va se andiamo fuori a pranzo insieme? Hanno appena aperto un ristorante cinese, sono curiosa di provarlo...
Amica della giovane ex amante di mio marito, mai l'avrei immaginato. Anche se mi chiedo se si possa definire amante una donna che non sapeva dell'esistenza della moglie. Non credo.
Io:
Volentieri... Dimmi luogo e ora, io ci sarò. A presto, notte.
Luca: Giovedì va bene. Passo a prenderla alle 19.00?
Io: Non serve che venga a prendermi, mi dica dove e mi farò trovare lì per le sette.
Amo la mia indipendenza e se la serata dovesse prendere una brutta piega mi rimane sempre il
mezzo per fuggire.
Luca:
Una donna deve lasciarsi corteggiare... Preferirei venirla a prendere.
Mio Dio, che noia! Mi sta facendo passare la voglia di uscire e questo continuare a darmi del Lei mi fa sentire vecchia.
Io:
Puoi darmi del tu, per favore? Comunque se proprio ci tieni allora ti aspetto per le 19:00. A
giovedì... Buona notte.
Luca: Perfetto. Buona notte, Barbara.
Esco dalla chat e mi accorgo che c'è un altro messaggio. Il cuore inizia ad accelerare i battiti nel vedere che è di Alessandro.
Non starai mica pensando ancora alla camicia vero? Guarda che poi stanotte ti verranno gli
incubi! ;)
Rido nel buio della stanza illuminata solo dalla luce dello schermo. Premo rispondi:
Potrebbe essere una nuova trama per un film horror 'La camicia macchiata'...
È online e la risposta non tarda ad arrivare:
Da domani solo t-shirt per me, così non spaventerò più le mie dipendenti ahahah!
Il problema non è il tipo di vestiario, ma la macchia...
In questo momento ho impressa nella mente l'immagine del mio capo a torso nudo e non riesco a non pensare a quanto sarebbe bello passare la mano sul suo petto muscoloso.
In realtà il problema è che tu sei troppo tesa, scatti per ogni cosa... Dovresti rilassarti un po'.
Che idea! Potrei già mettermi in malattia... Come causale farei scrivere 'troppo tesa'
Sorrido nuovamente per questo scambio di battute, mi sento una liceale alla sua prima cotta.
E domani alla serata karaoke chi ci ammalierà con la sua voce da usignolo? No, meglio un
massaggio rilassante.

Me lo fai tu? No, non posso scrivergli una cosa così esplicita. Proprio ora poi che mi sto vedendo con signor medioevo, non lo trovo corretto.
Hai ragione... Non dire al capo che volevo già saltare il lavoro!
Parola di scout!
Mi fa star bene anche solo tramite sms. Appoggio il cel sul comodino e sento il cuore tornare ai suoi battiti normali.

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