Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.
Oggi vi parleremo di "Racconti di personalità multiple" di Valentina Venturino.
Titolo: Racconti di personalita' multiple
Autore: Valentina Venturino
Genere: Racconti e poesie
Prezzo: cartaceo € 8,31, ebook € 2,99
Editore: autopubblicato su Amazon
Pagine: 130
Data pubblicazione: 19 marzo 2020
Il link per l'acquisto: ebook, cartaceo
Genere: Racconti e poesie
Prezzo: cartaceo € 8,31, ebook € 2,99
Editore: autopubblicato su Amazon
Pagine: 130
Data pubblicazione: 19 marzo 2020
Il link per l'acquisto: ebook, cartaceo
I miei racconti non si lasciano classificare in un unico genere, spaziano in ambiti molto diversi, addirittura potrebbero sembrare scritti da più persone, da qui il titolo. Si tratta di frammenti: momenti, nella vita dei personaggi, in cui accade qualcosa che vale la pena di raccontare. Mi piace pensare che intorno a essi chi legge possa costruire una propria visione: immaginare cosa accadde prima e quale sarà il dopo, in un continuum temporale senza confini netti, che lascia spazio alla fantasia. Oltre ai racconti, ho raccolto alcune poesie.
Ecco 5 buoni motivi per leggere il manoscritto:
1. perché giá il titolo e la copertina di per sé sono intriganti
2. perché, come mi ha scritto un lettore, si tratta di racconti immersivi, che vi cattureranno
3. perché riuscirete a immedesimarvi nelle emozioni che provano i protagonisti e le mie storie le sentirete vostre
4. perché oltre ai racconti, come bonus, avrete anche una ventina di poesie: sono i due modi in cui mi esprimo e ho voluto tenerli uniti in questa raccolta. Ammetterete che non e' molto comune trovare prosa e poesia in un'unica pubblicazione
5. perché i racconti sono brevi e scorrono veloci. Sono l'ideale per inframmezzare letture piú corpose, ma nello stesso tempo vi garantisco che, dopo averli letti, qualcosa in voi resterá
INDELEBILE
“Questa macchia non se ne va in nessun modo dalle mie mani”.
L’uomo si tormenta le dita, le stringe, le rigira, vedo i segni delle unghie sul palmo.
Mi mostra il dorso della mano sinistra, dove si nota un’ampia scottatura.
Marco Pievani ha lavorato vent’anni per le ferrovie, nell’ultimo periodo sulla tratta Tirano-Sondrio-LeccoMilano di Trenord. Ha una corporatura robusta, folti capelli ricci e grigi, una barba incolta e un’espressione perennemente contrita, che non trova pace, come un grosso cane castigato dal padrone.
Ha accettato di incontrarmi principalmente per poter parlare con qualcuno, mi ha detto.
“Sa, nemmeno prima avevo molti amici. Qua ognuno pensa per sé, non è facile stabilire una relazione con qualcuno e con tanti c’è il problema della lingua, ci capiamo a gesti, alle volte. Non è che si stia male qui, si mangia anche discretamente.
Però io son nato in montagna, proprio non mi rassegno a star chiuso tra quattro mura. Da casa mia si vedono le Grigne. Il Resegone, in certe giornate limpide, pare una scala verso il cielo. Ne ho fatte tante di scalate, sa, mi portava mio padre, da ragazzino, e io, da grande, ho proseguito da solo, con gli amici, con la fidanzata. C’è qualcosa di più bello di una passeggiata in mezzo alla natura, quando è una bella giornata?
Mio padre faceva il macchinista anche lui. Era un uomo schivo, di poche parole, non si capisce come sia venuto fuori io, che sono un chiacchierone. Incuteva rispetto, solo a guardarlo. Sapeva fare di tutto, se in casa c’era bisogno di una riparazione, era capace di aggiustare qualsiasi cosa. All’occorrenza era idraulico, falegname, finanche carpentiere. Io lo ammiravo moltissimo, è naturale che abbia scelto di fare il suo stesso mestiere.
Tante volte, con mia madre, andavamo a prenderlo alla stazione. Mi piaceva veder arrivare la locomotiva, mi sembrava il testone di un grande bruco di metallo, che somigliava a quello del Luna Park, ma era più reale, perché la gente la trasportava tutti i giorni e non solo la domenica, per un breve giro di divertimento. Li accompagnava in ufficio e di nuovo alle loro case. Dai parenti e dagli amici, per piacere o per dovere.
La solennità con cui mio padre si annodava la cravatta davanti allo specchio, la mattina, quando si preparava per andare al lavoro, faceva capire che aveva un compito molto importante. E anch’io il mio lavoro l’ho sempre svolto con la massima serietà.
Lei però si stancherà di starmi a sentire. Vuole sapere di quella mattina, certo, è venuta apposta”.
Fa una pausa. Incurva ulteriormente le spalle, la ruga tra le sopracciglia si fa più profonda. Prende fiato, si capisce che gli costa andare sull’argomento. Ma non si tira indietro, ha deciso di parlare e lo farà.
“Quando parte da Tirano il treno delle 6,12, che arriva a Milano alle 8,40, d’inverno è notte fonda. Io mi sono preso un alloggio vicino alla stazione, per non dover grattare via il ghiaccio dal parabrezza della macchina tutte le mattine e per poter dormire un quarto d’ora in più.
Anche quella mattina le strade erano ghiacciate. Folco, il mio collega, la notte prima era stato male da non riuscire ad alzarsi e non c’era stato modo di trovare un rimpiazzo, per cui mi trovavo solo alla guida del treno.
Avevo con me il thermos del caffè. D’abitudine, lo condividevamo prima di partire e, arrivati a Lecco, facevamo un secondo giro.
Se sei da solo, chiaramente, devi prestare il doppio dell’atten-zione, per cui ero arrivato a Lecco senza aver bevuto ancora. Tra Lecco e Milano si effettua una sola fermata, a Monza. Caricati i miei passeggeri sul lago, mi sono rilassato e ho deciso di ristorarmi con il mio caffè caldo.
Ricordo ogni singolo dettaglio. Ho svitato il tappo, ho preso la tazza e mentre stavo per versare ho sollevato lo sguardo e l’ho visto. Ho incrociato gli occhi di quel ragazzo. Stava immobile in mezzo ai binari, accucciato.
Il caffè mi si è rovesciato addosso, sulle mani, mi sono ustionato, avrei urlato, ma non sono riuscito a emettere nemmeno un suono. Ho frenato, con tutte le mie forze. Ho pregato, ho pianto, ma lo spazio di frenata che occorre quando vai a 130 km l’ora è molto di più di quello che avevo davanti.
L’ho guardato impotente, mentre gli andavo addosso, e prima di fare in tempo a chiudere gli occhi, ho visto cambiare la sua espressione. Glielo giuro, io l’ho visto. Un attimo prima sembrava che non gli importasse nulla. Poi mi sono ricordato di quando mio padre, da bambino, mi portava a caccia con lui. Gli occhi del ragazzo erano gli stessi del cervo braccato: umidi, spacciati, increduli e pieni di terrore.
“Che Dio mi perdoni”. Si copre la faccia con le mani. “Che Dio mi perdoni”.
NASCITE E RINASCITE
Protetto
nel tuo personale e caldo
brodo primordiale,
circondato da suoni ovattati,
per nove mesi sei cresciuto,
assorbendo ciò di cui avevi bisogno,
privo di presagi.
Il giorno in cui si sono rotte le acque
l'universo che conoscevi
è esploso,
L'aria ha investito i tuoi polmoni
per la prima volta,
rumori assordanti tutto intorno,
la luce ti ha travolto
e hai pianto,
con tutte le forze del tuo piccolo corpo.
Senza sapere che quella era solo
la prima delle tue trasformazioni.
nel tuo personale e caldo
brodo primordiale,
circondato da suoni ovattati,
per nove mesi sei cresciuto,
assorbendo ciò di cui avevi bisogno,
privo di presagi.
Il giorno in cui si sono rotte le acque
l'universo che conoscevi
è esploso,
L'aria ha investito i tuoi polmoni
per la prima volta,
rumori assordanti tutto intorno,
la luce ti ha travolto
e hai pianto,
con tutte le forze del tuo piccolo corpo.
Senza sapere che quella era solo
la prima delle tue trasformazioni.
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