martedì 1 dicembre 2020

La vostra voce: "Il senso interno del tempo" di Monica Peccolo

Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.
Oggi vi parleremo di "Il senso interno del tempo" di Monica Peccolo.




Titolo: Il senso interno del tempo
Autore: Monica Peccolo
Editore: Self Publishing
Pagine: 291
Prezzo ebook: OFFERTA a 0,99 € (1.99€); 
Prezzo cartaceo: 9,99€ 
Genere: narrativa contemporanea, rosa, women’s fiction
Link d'acquisto: ebook; cartaceo;




Dopo una pausa dai riflettori, e da un ambiente che lo ha quasi distrutto, Nathan Tyler rientra sulla scena cinematografica hollywoodiana. Le sue ferite hanno radici lontane e ritornano ad angosciarlo ogni giorno con la stessa intensità.
Eva Pace, invece, non rimpiange di aver lasciato “Plastic Land”, la capitale del cinema, per tornare in Italia. È una persona solare, altruista, che con tenacia ha perseguito il suo vero sogno. Si è dedicata al lavoro e ama fare la pediatra, anche se questo comporta sacrifici e ardue scelte quotidiane.
La vita, però, è un insieme di strane coincidenze e così Nathan ed Eva tornano a frequentarsi,
scoprendo che i dieci anni trascorsi e la distanza di due continenti non hanno inciso sull’amicizia che ancora li lega.
Eva comprende di non avere più davanti a sé il ragazzo scanzonato di un tempo, ma un uomo
complicato che scardina le sue certezze e la sfida di continuo. Abituata a combattere battaglie enormi con i suoi piccoli pazienti, però, non si lascia scoraggiare.
Il sentimento che li unisce si trasforma e coglie entrambi di sorpresa. Riusciranno a non sprecare questa seconda occasione offerta dal destino?


Ecco 5 buoni motivi per leggere il romanzo:

1) per chi ama gli amori nati da una lunga amicizia e le seconde occasioni della vita;
2) per chi cerca personaggi forti e veri, con le fragilità di ogni essere umano;
3) per chi ama un protagonista con una sensibilità profonda e non tutto muscoli e superficialità
4) per chi si immedesima in una protagonista intelligente e realizzata
5) per chi vuole leggere storie con tematiche profonde che lo facciano riflettere



Estratto 1

 

Roma, gennaio 1998

 

Eva invitò Nathan ad accomodarsi su una delle sedie del camerino.

«Finora ho fatto solo teatro. A differenza tua, non ho idea di come muovermi davanti ad una    telecamera, ma Vincenzo continua a ripetermi che non devo preoccuparmi» spiegò al collega.

Allungò una mano e frugò nella borsetta, tirando fuori una stecca integra di cioccolato fondente. La scartò.

«Ne vuoi, Nathan?»

Lui accettò volentieri. Non doveva essere una di quelle tipe tanto fissate con la linea se girava con il cioccolato nella borsa. Questo propendeva a suo favore. Le fissò le labbra carnose e morbide. Doveva ammettere che era carina. Una bellezza italiana fuori dai classici canoni hollywoodiani. La particolare voce, appena roca, e il suo modo di muoversi calmo le donavano un fascino molto personale.

Eva assaporò il cioccolato, continuando a guardare in silenzio l’attore americano. Aveva proprio un’aria arrogante. La maniera in cui la fissava, il modo in cui continuava a giocherellare con l’accendino, facendolo scattare di continuo, la indispettivano. Il fatto che non si sforzasse di dialogare con lei, rasentava quasi la maleducazione. Si domandò sul serio come avrebbe fatto a sopportarlo per tutta la durata del film. Decise di fare un ultimo tentativo.

«Vuoi sentire una storiella, Nathan?»

«Perché no?»

«Un uomo va dallo psichiatra. Dottore, la prego mi curi, sono sicuro di avere un disturbo della personalità. Credo di essere l’Onnipotente. Il medico cerca di tranquillizzarlo. Non salti a conclusioni affrettate, qui le diagnosi le faccio io. Si stenda sul lettino e cominci a raccontarmi dall’inizio. Allora il paziente segue il suo consiglio, si distende e inizia: Dunque, in principio ho creato il cielo e la terra…»

Nathan scoppiò a ridere di gusto, sorpreso dall’interpretazione perfetta e dall’imprevista piega ironica della ragazza.

Lui aveva una bella risata, notò Eva. I denti bianchi spiccavano sulla carnagione abbronzata e creavano uno splendido contrasto con la barba lunga di un giorno, scura come i capelli e come gli occhi.

Si studiarono a lungo, con meno sospetto. Nessuno dei due distolse lo sguardo. Un inatteso senso di confidenza fluì tra loro.

Nathan le strizzò l’occhio in segno di complicità. Lei arrossì e abbassò la testa. Non arrossiva più nessuno alla fine del ventesimo secolo, rifletté stupito.

Eva rialzò lo sguardo e gli sorrise.

Come un raggio di sole che sbuca da un cielo plumbeo e nuvoloso, la stanza cambiò aspetto e parve riscaldarsi.

Colto alla sprovvista, lui sgranò gli occhi.

Cazzo! Vincenzo Raimondi aveva proprio ragione.

 

Estratto 2

«Nathan» lo richiamò Eva, in un sussurro.

L’attore alzò il viso per guardarla ma le iridi color ematite per le quali era tanto famoso, erano distanti.

Lui conosceva bene quella sensazione allo stomaco, così come il senso di gelo che si stava impadronendo del suo corpo. Erano le premesse che accompagnavano le sue notti insonni. Insieme a Jeff, aveva incontrato lo psicologo che seguiva i volontari e che cercava di presentare nei dettagli ciò che andavano a incontrare.

Non era stato preparato a sufficienza a ciò che aveva visto, però. Si era trovato catapultato d’improvviso in un mondo di sofferenza inspiegabile che lo aveva colpito in profondità, incrinando il cinismo di cui spesso si circondava.

«Sai che oggi hai conquistato molti cuori? Anche se magari non erano proprio le bellissime ragazze cui sei abituato» scherzò Eva, nel tentativo di alleggerire la tensione.

Nel denso silenzio che si venne a creare, lei percepì la profonda angoscia dell’amico.

«Non devi sentirti così. Quello che hai fatto, che avete fatto tu e Jeff, non hai idea di quanto significhi per loro» aggiunse, con profonda empatia.

Posò la sua mano su quella dell’amico e gliela strinse per trasmettergli la propria solidarietà e fermare quella tortura.

Con un gesto brusco, Nathan la ritrasse e si passò entrambe le mani fra i capelli. Gli occhi fissi sul tavolino, i capelli gli ricaddero ai lati del viso celandogli il volto.

Colta alla sprovvista dalla sua reazione, Eva abbassò lo sguardo in imbarazzo.

Ma che aveva combinato lo psicologo in quell’incontro preparatorio? E che doveva fare adesso lei?

«Va tutto bene, Nate. È normale reagire in questo modo le prime volte» lo rassicurò, sfiorandogli una spalla per rincuorarlo.

«Come fai a vedere questo tutti i giorni, Eva?»

Era stato il suo martellante pensiero ogni volta che incontrava il viso di uno di quei bambini e i loro occhi pieni di saggezza e dolore ma anche capaci di gioire per degli stupidi scherzi da clown.

Sorpresa dalla sua inaspettata sensibilità, le parole le uscirono di getto.

«Sembra che i medici si dividano in due categorie. Quelli che si abituano a tutto e diventano distaccati e quelli che non si abituano mai. Io non rientro nella prima» affermò pacata. «Il giorno che ci siamo scontrati sulla spiaggia, non ti avevo visto perché ero sconvolta. Durante la notte Megan, una mia paziente, non ce l’aveva fatta. Era morta dopo mesi di cure e aveva solo due anni» deglutì con difficoltà, cercando di ricacciare indietro il groppo di commozione salito in gola.

Toccato da quella confessione, Nathan tornò a guardarla. Si era domandato spesso nelle ultime settimane cosa l’avesse spinta a cambiare genere di vita, scegliendo quel lavoro così difficile. Sentire tanta forza e fragilità convivere in lei i quel momento, gli trasmise una sensazione indefinibile.

In silenzio, lasciarono calmare le loro emozioni. Eva si spostò verso di lui con la sedia per poterlo guardare in viso, cercando di trasmettergli ciò che sentiva.

«Ci sono questi momenti terribili ma quando si riesce ad alleviare la loro sofferenza o magari a guarirli, come nella maggior parte dei casi, allora si è in parte consolati per tutto il dolore di cui siamo testimoni impotenti. E farli ridere e divertire, credimi, a volte è meglio di tante medicine. Sei stato davvero bravo

Lui si ricompose, maledicendosi per quel momento di debolezza e rimase stupito dalle parole di Eva.

«In realtà ero imbarazzatissimo» trovò il coraggio di ammettere. «A un certo punto mi sono anche domandato cosa diavolo stessi facendo. In fondo, so soltanto fare il buffone di mestiere

Arrivarono le ordinazioni a interrompere quel momento di confidenze. Per sdrammatizzare, lui cominciò a canzonarla per la doppia porzione di crema sopra la fetta di torta mentre le porgeva teiera e tazza, cercando di non rovesciare il proprio caffè.

«Scusami per la mia reazione» si giustificò ancora Nathan. «Gli ultimi tempi sono stati difficili sotto tanti aspetti. Forse non ero ancora pronto per un’esperienza del genere» affermò, mescolando lo zucchero nella sua bevanda.

«Non preoccuparti. Dovresti vedere me quando sono in crisi» sdrammatizzò lei. «Adesso, come ti senti?»

L’amico avrebbe voluto risponderle male ma, in effetti, se analizzava con attenzione il proprio stato d’animo non era così.

«Non so. Confuso per quello che provo. Triste per quei bambini. Arrabbiato per tutto quel dolore. Forse anche appagato. Incredibilmente appagato per aver fatto il buffone» si rese conto con stupore.

«Benvenuto nel club, allora» scherzò Eva, dandogli una pacca complice sulla spalla.

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