Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.
Oggi vi parleremo di "Cambiare identità per non morire" di Laura Parise.
Titolo: Cambiare identità per non morire
Autore: Laura Parise
Casa editrice: Self
Genere: Giallo/rosa
Prezzi: Cartaceo EUR 12,38 eBook EUR 2,99
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Nico rimasto orfano di padre molto piccolo per un incidente misterioso intraprende la carriera di malavitoso e killer a pagamento. Con le sue gesta condizionerà la vita di tutta la sua famiglia, costringendo madre, patrigno, sorella e fratellino a cambiare città, vita, nome, e a vivere sotto la stretta sorveglianza di Jack e della sua organizzazione. Stella… Nicole… Miriam… crescerà in mezzo alle vendette trasversali non potendo mai vivere una vita normale, ma sempre in fuga e guardandosi continuamente dietro alle spalle fino al giorno che…
Ecco 5 buoni motivi per leggere il romanzo:
1) Romanzo autoconclusivo
2) Storia di attualità
3) Argomento che da spunti di riflessione su un tipo di vita trattato da pochi
4) Un thriller con sfumature di rosa
5) Nonostante tutto, c’è sempre un motivo per rialzarsi e combattere
Capitolo 2
Miriam continuava a tender l’orecchio per cercare di captare qualche movimento al di fuori della stanza, e nel frattempo, non poteva far a meno di pensare a Jack e parlare con lui
“Jack, Jack come vorrei che fossi qui. Vorrei sentire la tua voce che mi consola, le tue braccia che mi stringono forte e mi assicurano che tutto andrà bene”
Due lacrime le scivolarono sulle guance. Si sentiva stordita, il cuore le batteva nel petto all’impazzata, non aveva più fiato in corpo, e il terrore aveva cominciato a bloccarle le idee. Doveva a tutti i costi reagire, e cercare di elaborare un piano.
Tenendosi vicino al muro, percorse il perimetro della stanza per rendersi conto delle misure e se ci fossero state altre possibili vie di fuga.
Incontrò il primo mobile, era alto, probabilmente un armadio, andò oltre e sempre a tentoni riconobbe un comò, poi il letto dove era stata per ore, poco oltre una poltrona e finalmente la finestra.
La spalancò e sentì entrare una folata di aria umida, tentò di trovare le persiane, ma la mano le batté contro le grate di ferro che proteggevano da eventuali malintenzionati. Peccato che i malintenzionati questa volta fossero all’interno dell’edificio!
Impossibile uscire da quella parte. Lasciò la finestra aperta, l’aria, anche se umida, le aveva schiarito le idee. Tornò sui suoi passi e sempre a tentoni cercò il vassoio; aveva sete, e fame, non poteva permettersi di indebolirsi, doveva tenersi in forze il più possibile.
Trovato il cibo si servì. I suoi carcerieri le avevano portato il suo sandwich preferito, quello con tonno, rucola, maionese, e senza cipolle.
Strano, probabilmente era stata una coincidenza, quante persone al mondo adoravano quel tipo di ripieno? Quante lo prendevano senza cipolla e con la rucola? Solitamente le era sempre capitato di dover spiegare accuratamente come doveva essere farcito.
Era strano, molto strano, ma decise di non fissarsi su questo piccolo particolare. Mangiò velocemente e bevve tutto d’un fiato la bevanda che le era stata portata quindi riprese la perlustrazione della stanza. Poco oltre la finestra la mano toccò lo stipite di una porta, impossibile fosse quella da dove erano entrati i suoi carcerieri, non filtrava nessuna luce. Arrivò alla maniglia che cedette aprendosi al primo tentativo. Il muro era freddo e liscio, con la punta delle dita tracciò il contorno di una mattonella.
Un bagno!
Cercò l’interruttore e una minuscola lampadina si accese sopra la sua testa. Era un minuscolo bagno cieco, con tazza e lavandino, un piccolissimo specchio e nient’altro.
«Beh, almeno non dovrò continuare a tenermela!»
Ora che aveva finalmente espletato i suoi bisogni fisici si sentiva meglio. Si sciacquò il viso con l’acqua gelida e si riavviò i capelli con le dita bagnate evitando di guardarsi nello specchio, non voleva leggervi il terrore che sicuramente le traspariva dagli occhi.
Lasciò la luce accesa, era talmente debole che sarebbe stato impossibile notarla dall’altra parte della porta, ma in quel modo lei riusciva a vedere quasi tutti gli angoli della stanza e non rischiava di inciampare quando si muoveva.
Da quel poco che vedeva si rese conto di essere in una stanzetta di servizio. Probabilmente doveva trattarsi di una camera destinata alla servitù. Nei paraggi di Exeter c’erano molte vecchie case che una volta erano di proprietà di facoltosi uomini d’affari, di conti o baroni. Al di là della porta le voci di prima avevano ricominciato a farsi sentire.
Capitolo 6
Carcere di Fuorni (SA)
Le urla dei detenuti annunciavano che qualcosa non andava per il verso giusto. Le guardie correvano radunandosi nel punto da dove era partito l’allarme.
Un agente penitenziario facendo il solito giro d’ispezione quella sera aveva rinvenuto il detenuto della cella numero diciotto del reparto quattro impiccato.
Allacciato il lenzuolo alle sbarre più altre della finestrella, si era legato l’altra estremità al collo e facendo cadere lo sgabello da sotto i suoi piedi si era lasciato penzolare nel vuoto.
La voce di quanto accaduto era corsa tra i corridoi in un battibaleno, radio carcere aveva già diffuso anche all’esterno la notizia.
Nessun avrebbe mai saputo la verità, se Nico si era volontariamente tolto la vita o…
Nico Terrieri
E la vita con la sua famiglia
Nico era il primo figlio di Elisa Marezzi nata Domenica Gilardi.
Nato dal suo primo matrimonio con Ettore Terrieri che Elisa aveva sposato giovanissima e dopo che Ettore, grande più di lei di soli due anni, l’aveva convinta a fuggire con lui. I genitori di Elisa erano contrari alla relazione tra i due giovani, perché ritenevano Ettore un ragazzo troppo pieno di lati oscuri, nel quartiere tutti sospiravano al suo passaggio, e spesso smettevano di parlare quando uno dei due si trovava nel loro raggio uditivo; ma per i Gilardi fu inutile cercar di far ragionare la figlia, Elisa era innamorata, e vedeva tutto rosa.
Ettore dal canto suo sapeva bene come ammaliarla con il suo fascino, le sue belle parole, i suoi discorsi su un futuro radioso, le sue moine, i suoi modi gentili, le attenzioni che le riservava, i piccoli regali che le faceva a sorpresa.
Lei credeva ciecamente in tutto quello che le diceva e sul roseo futuro che le prospettava.
Quando i genitori di Elisa avevano avuto sentore di quanto i due stavano organizzando, decisero di capitolare, non volevano in alcun modo che Elisa si dovesse trovare sola in qualche posto lontano da loro; e nella malaugurata ipotesi che avesse avuto bisogno di qualcuno, non avesse avuto il coraggio di rivolgersi a loro.
Nella cittadina dove abitavano, c’erano quartieri nei quali era meglio non metter piede, e anche se Ettore diceva di non frequentarli e raccontava che per lavorare si spostava in continuazione, i Gilardi preferivano che la figliola non dovesse allontanarsi troppo.
Dopo il matrimonio i due neosposi si trasferirono a vivere poco lontano e per i primi tempi tutto sembrò dare ragione al cuore di Elisa. Ettore continuava a trattarla come durante i mesi di fidanzamento, e quando lei poco dopo rimase incinta lui iniziò a coccolarla ancora di più.
I genitori si erano così rasserenati e convinti di esser stati davvero prevenuti nei confronti del genero.
Quando nacque Nico, Ettore fiero di sé e del suo erede, organizzò un ricevimento degno di un re. Ma le persone invitate da lui a quella festa erano di tutt’altra pasta rispetto a quelle che provenivano dalla famiglia di Elisa e ben presto si formarono due gruppi ben distinti.
Le cose continuavano ad andar bene anche se Elisa, giovane ed ingenua, non s’intrometteva mai negli affari del marito e tutte le volte che aveva sentore che qualcosa non fosse proprio limpido, Ettore sapeva sempre come rabbonirla evitando puntualmente di raccontarle quel che lei voleva sapere.
Il giorno dell’ottavo compleanno di Nico, mentre Elisa stava terminando gli ultimi preparativi per la festicciola che aveva organizzato per il figlio e i suoi amichetti, suonarono alla porta
«La signora Terrieri?» chiese un agente
«Si, sono io, in cosa posso esserle utile?»
«Lei è la moglie di Ettore Terrieri?»
«Si, perché agente, è successo qualcosa?» chiese cominciando ad allarmarsi
«Sono spiacente, ma…» l’uomo in leggero imbarazzo, non sapeva bene come comunicare la notizia alla giovane donna, mentre Elisa a quel punto aveva cominciato a sudare freddo e a guardarlo con occhi terrorizzati
«Signora, mi spiace davvero, ma devo dirle che suo marito è rimasto vittima di un’incidente»
Elisa si mise le mani al volto e sgranando ancora di più gli occhi chiese con un filo di voce
«Co… come stà» l’uomo scosse il capo mestamente.
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