martedì 30 marzo 2021

La vostra voce: "Solo tua" di Mietta Maccuro

Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.

Oggi vi parleremo di "Solo tua" di Mietta Maccuro.









Titolo: SOLO TUA
Autore: Mietta Maccuro
Volume: 1 di 3
Genere: Contemporary Classic Romance
Pagine: 509
Cartaceo: 13,90 euro
Ebook: 0,99 euro
Kindle Unlimited disponibile
Link Amazon: ebook; cartaceo;







L'amore è solo una parola
L'amore non esiste
L'amore vero è reale solo nei sogni
e i sogni non sono reali

Trentatré anni, due figli adorabili, un marito affascinante, una vita normale votata alla famiglia.
Karen è felice, non saprebbe cos’altro desiderare.
Peccato però, che abbia dimenticato il passato, quando da bambina sognava un bellissimo ragazzo, il suo Principe dal sorriso di miele che la chiamava Mia dea.
Peccato che non lo abbia ritrovato nel suo futuro, così come si aspettava.
Da quel momento Karen sceglie di dimenticare se stessa, di spegnersi. Di non credere più nell’amore.
Ora, quella peste scatenata di sua sorella sembra volerla trascinare in vacanza alle Hawaii per obbligarla a dedicarsi del tempo.
Peccato che lei non sia d’accordo. Perché dovrebbe partire? Karen ha tutto.
O forse no.


Solo Tua è il primo volume della trilogia che racconta di quanto caparbio e perseverante sia l’amore vero, l’unico in grado di rivelare la persona a noi destinata anche quando l’ultima speranza scompare.





Ecco 𝟱 buoni 𝗺𝗼𝘁𝗶𝘃𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗲𝗴𝗴𝗲𝗿e il romanzo: 

1.   Per il messaggio che lascia: non la semplice storia d’amore, ma di riscatto, di consapevolezza di se stessi, di rivincita e rinascita. Ma anche di legami familiari, di supporto e amore incondizionato.

2.   Per lo stile: a metà tra classico e moderno, un connubio tra passato e presente, diverso dai chick-lit e dai romance attuali.

3.   Per il romanticismo appassionato, mai forzato, ma intenso e trascinate di cui la storia è intrisa.

4.   Per le descrizioni che permettono al lettore di immedesimarsi con la scena entrando in empatia con i personaggi e vivendo i luoghi narrati.

5.   Per il finale.

 






Estratto 1

«Ti sembro stanca?» chiese seria voltandosi verso sua madre. «Ho la faccia tirata? Mi hanno detto che farei meglio a cambiare aria...» continuò tastandosi il viso scoraggiata.
La nostalgia prese il sopravvento e Diane si lasciò coinvolgere.
«Ricordi com’eri da piccola?» Lo sguardo sorpreso le rispose senza bisogno di aggiungere parole. «Ricordi l’impegno all’università, al centro sociale?»
I lineamenti di Karen si sciolsero dalla tensione e sorrise malinconica tornando con la mente a quel periodo.
«Sembra una vita fa...» sussurrò mentre una spirale di voci e immagini lontane l’avvolgeva.
«Invece sono passati appena dieci anni.» Karen alzò lo sguardo verso Diane: aveva un’espressione seria e intensa che non le aveva mai visto addosso.
«Dove vuoi arrivare?» le chiese lasciandosi contagiare dalla stessa gravità.
«Hai presente i giochini che Michael scova sui giornaletti e che lo divertono molto? Trova le differenze?» Una scintilla negli occhi scuri, e la donna seppe che sua figlia aveva compreso dove volesse condurla.
«Cosa è cambiato, Karen? Perché non sei più quella di una volta? Per quanto possa sembrare assurdo, Leslie e Jack hanno solo detto la verità.»
La panchina era diventata, d’un tratto, gelida e scomoda. L’animo agitato non voleva saperne di stare fermo.
Karen si alzò, e prese a camminare avanti e indietro tentando di contenere il disagio che sentiva crescere dentro.
«Non lo so», ammise infine. «Non so cos’è cambiato, né quando.» Per quanto ci provasse la mente era torbida e nebulosa.
«Prova a guardarti indietro» le suggerì Diane con il viso fiducioso.
E lei ci provò.
Come una sirena, s’immerse in se stessa e nuotò verso l’opprimente nero che si faceva sempre più oscuro e lugubre.
«C’è una costante che lega passato e presente che è rimasta immutata» bisbigliò emergendo dal silenzio dal quale aveva paura di non fare più ritorno.
«Quale?»
«La necessità di dare, di fare» confessò seria. «È più forte di me: ho bisogno di prendermi cura di chiunque veda in difficoltà, di chi ha bisogno d’aiuto. Non riesco a restare indifferente. Devo dare tutto ciò che posso.»
«E sei felice quando lo fai?»
Karen non ebbe il coraggio di cercare lo sguardo di sua madre per leggervi la reazione che la verità, appena scoperta, avrebbe potuto suscitare in lei.
«Non più» sussurrò appena.
«Perché?»
«Perché non è sufficiente» rispose mesta, inchiodando i piedi al terreno.
«Come può non essere sufficiente essere una buona moglie o una brava mamma?»
«Non lo è! Non mi basta!» esplose la voce che riecheggiò lunga sui cespugli spogli, gli alberi scheletrici e i sentieri contorti.
«Karen, tu non sei felice!» Diane si sporse verso di lei, e tirandola per la manica del giaccone, la forzò a sedersi nuovamente. Le prese le mani fredde tra le sue, e cercò lo sguardo fuggente.
«Pensi di esserlo nel momento in cui ti prodighi per qualcuno, ma non è mettendo le necessità degli altri al primo posto che riuscirai a star bene.» Le accarezzò il viso e, alzandolo, trovò lo splendido color cioccolato degli occhi velati.
«Ti sei persa, cara. Ti sei annullata. Per questo sei insoddisfatta. Non potrai mai sentirti completa se continui a donare tutta te stessa a chiunque. Non è amore, questo. Perché manchi tu. Manca l’amore per te. È questo che motiva ogni azione e trasforma l’intera esistenza.»
Karen si coprì il volto con entrambe le mani e si arrese alla marea di sentimenti che sembrava montare da remote profondità. Le attraversò le vene come un fiume in piena senza trovare resistenza. E fu strano constatare come fosse liberatorio e doloroso insieme.
«Solo nel momento in cui amerai ogni parte di te, sarai in grado di darti agli altri rimanendo integra.» La sua piccola combattente era morta e neanche se ne era accorta. Continuava ad attingere da un pozzo, ormai prosciugato, soffocando bevendo sabbia.
Non era la fine, però, Diane ne era certa, ma solo l’inizio di un nuovo percorso.
Karen sembrava averne appena preso coscienza. E la speranza di vederla tornare a splendere della luce che lei conosceva bene le colmò il cuore.
«Ti assegno i compiti a casa» proruppe con una smorfia furba.
«Mamma!» E lei si lamentò tirando su col naso.
«Non brontolare: è una cosa seria!» impartì severa, ma il viso dolce e comprensivo sorrideva bonario.
«Cosa vuoi che faccia, sentiamo...» Sistemandosi il giaccone, si mise seduta composta, prese un respiro profondo e attese paziente le parole di sua madre.
«Pensa a te come a una persona della quale prendersi cura» fu il monito morbido come una carezza. «Usa la tua attitudine per te stessa, così come hai sempre fatto per gli altri. Guardati dall’esterno. Hai bisogno di pensare solo a Karen, adesso. E forse questo benedetto viaggio giunto dal cielo al momento giusto, ti aiuterà a ritrovarla! Riportala a casa, piccola! Manca tanto anche a me!» concluse Diane.
Le due donne si abbracciarono strette tra le lacrime che presero a rigare i visi di entrambe.
«Perché vi state abbracciando? Che succede? Anche io voglio un abbraccio!» Due braccia esili si chiusero strette intorno alle gambe di Karen.
«Perché hai gli occhi che piangono, mamma?» E lei scoppiò in una fragorosa risata stringendo a sé i bambini ignari di ciò che fosse appena accaduto al suo animo.
Alzando lo sguardo riconoscente verso la madre, Karen annuì con decisione.
Era pronta a rialzarsi per affrontare il lungo viaggio che le avrebbe permesso di ritrovare la parte di sé che aveva dimenticato.

Estratto 2

Ti cerco da tutta la vita.
Sapevo che c’eri, che prima o poi ti avrei incontrata. Che il sorriso di una dea si sarebbe posato su di me, e sarebbe stato per me solo.
Dovevo soltanto avere pazienza.
Provavo a vederti negli occhi di ogni donna che incrociavo, chiedendomi se fosse giunto finalmente il nostro momento. Ma la luce che speravo mi colpisse non era negli sguardi sconosciuti.
Non mi sono mai arreso. La speranza mi ha sempre sostenuto.
La ragazza dei sogni è apparsa a svegliarmi, e d’un tratto ciò che desideravo oltre ogni immaginazione era dormire per stare con te. Perché sapevo che eri tu, sentivo che ciò che stava accadendo andava oltre fantasie inconsce.
Finché ogni emozione provata a occhi chiusi, nel limbo dove ci incontravamo, si è materializzata. Mi eri dinnanzi, reale e profumata di perfezione.
Ogni istante trascorso nella disperazione angosciante della tua assenza si è dissolto nel nulla.
Ti avevo riconosciuta!
Sei entrata in me, e il mio unico pensiero, assiduo e costante di ogni istante delle mie giornate ha trovato un volto, un nome.
Tu sei la felicità piena e concreta. Il mio mondo si ferma se non ci sei.
L’attesa del momento in cui ti rivedrò trascorre lenta e inquieta.
È allora che la tua immagine mi appare per alleviare il mio stato di ossessione e, ricoprire il tuo corpo di carezze lievi, la bocca di baci appassionati, mitiga la mia dipendenza.
Saperti viva e reale, non più un sogno a occhi aperti, sentirti sul mio cuore che batte all'unisono col il tuo respiro, mette pace nel corpo che freme se non ti sente vicina.
Sei il mio tutto, la mia bussola che traccia nitida la strada da perseguire per essere nel giusto, sei la mia musica che canta l’amore che ci lega indissolubilmente.
Sei quello in cui credo, quello che ho sempre sognato, e che spero per il futuro.
Eppure, dopo tanto cercarti sembra che il destino non voglia concederci ciò che invece meritiamo.
Perché è crudele indurmi a diventare assuefatto e dipendente da qualcosa che non potrò mai più avere.
I tuoi occhi, il tuo sorriso, le tue labbra, ogni parte di te mi accende. Ma sono condannato a spegnermi.
Non mi appartieni, non sei mia, e devo lasciarti andare.
Quale pretesa potrei avanzare verso te che mi hai già dato tutto ciò che potevi?
Ma cosa mi resta se tu vai via?
Accettare impassibile il disegno che qualcuno ha tracciato per noi.
Guardarti mentre ti allontani per sempre.
Credere nella vita che andrà avanti senza averti al mio fianco, tra le mie braccia, sulla mia bocca.
Tu sei il senso del perché io sia nato.
Devo amarti. Devo averti.
Non solo per te, ma per me stesso. Perché sai bene cosa generi il nostro amore, cosa siamo in grado di scatenare se siamo insieme.
Siamo legati da qualcosa d’inspiegabile, che travolge e sconvolge e che va oltre i limiti imposti dalla logica.
Come posso lasciati andare sapendo questo?
Solo sette giorni per conoscerti, amarti e perderti.
Solo sette giorni di vita per tornare, ancora una volta, nell’attesa perenne nella quale ti aspettavo.
Ed è questo che mi spinge a scriverti questa lettera.
Non dimenticare, Karen. Non scordare nessun istante trascorso insieme.
Non dimenticarmi.
Io vivrò sapendo che tu ci sei, lontana e distante, ma esistente.
Continuerò a credere. Il tempo non ha importanza se posso sperare.
Quando ti sentirai persa, confusa, smarrita credi... Credi in noi e nel nostro amore. Cerca la nostra isola segreta, rifugiati lì nei giorni di tempesta per riprendere fiato.
E vieni da me. Torna dove siamo stati felici anche se per poco.
Io sarò lì, ad aspettarti custodendo ciò che provo finché avrò fiato.
Anche se ignari della vita dell'altro, una cosa certa la sapremo sempre. Che siamo fatti per stare insieme, per amarci.
Non voglio dirti addio, Karen. Solo che ti amo.
Ti amo, mia dea come non credevo fosse possibile amare, come la vita stessa. Come l’aria che mi permette di dirti che ti amo. E così sarà per sempre.
Amo te e nessun' altra. Non dimenticarlo mai.

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