martedì 24 novembre 2020

La vostra voce: "Anna. L'inferno in una bottiglia" di Martina Longhin

Buongiorno cari lettori, eccoci a un'altra tappa della rubrica "La vostra voce" , un'idea nata in collaborazione con il blog Un tè con la Palma, per dare voce e spazio ai vostri scritti.
Oggi vi parleremo di "Anna. L'inferno in una bottiglia" di Martina Longhin.



Titolo: Anna. L'inferno in una bottiglia
Autore: Martina Longhin
Editore: Self publishing Youcanprint
Genere: narrativa contemporanea
Prezzi: ebook €2,99 cartaceo €15,20
Link d'acquisto: ebook; cartaceo;








Anna è una giovane ragazza che dovrebbe vivere una vita serena e spensierata come tutti i suoi coetanei, ma questi sono privilegi che a lei, fin da bambina, non sono mai stati concessi. Stella, sua madre, è legata a un uomo violento e geloso da cui non riesce a separarsi e per Anna maltrattamenti e soprusi fanno parte della quotidianità. Finché un giorno tutto nella sua vita cambia. 








Ecco 5 motivi per leggere il romanzo:

1. perchè è una storia vera

2. perché si possono capire quali e quante conseguenze ci possono essere nei bambini che vivono in una famiglia violenta

3. perché le donne in "difficoltà", leggendo la storia, trovino il coraggio di denunciare e lasciare il partner violento

4. perché sono racchiusi i segnali a cui una donna dovrebbe prestare attenzione quando inizia una relazione

5. perché... emoziona!








Estratto 1 

Una sera di fine estate Stella era tutta eccitata. Toni le aveva promesso di portarla al cinema, dove proiettavano un nuovo film intitolato Agente 007. 
Il protagonista, nel ruolo di un agente segreto inglese, era l’affascinante Sean Connery, e lei era impaziente di vederlo sul grande schermo dopo averlo tanto ammirato nelle riviste di gossip. 
La piccola Sara era da nonna Adele, e Anna, invece, l’avrebbero portata da nonna Irma che abitava a poca distanza dal cinema. 
Cucinò quindi presto la cena, si preparò con cura e iniziò ad aspettare con impazienza che Toni tornasse. Mezz’ora prima dell’inizio del film, però, questi non era ancora rientrato. 
Era delusa e arrabbiata e quando arrivò, chiaramente ubriaco, non riuscì a trattenere la sua collera. «Sei ubriaco!» gli urlò con rabbia. «Mi avevi promesso che mi avresti portata al cinema!» 
«Be’, ho deciso che non ne avevo voglia», biascicò con la voce impastata dall’alcool. 
«Ma io, sì! Sapevi quanto ci tenessi e me lo avevi promesso.» 
«E io ti ripeto che non ne avevo voglia!» tuonò e batté con violenza i pugni sul tavolo. 
La piccola Anna si era rannicchiata in un angolo della cucina e guardava terrorizzata i genitori che litigavano per l’ennesima volta. 
«Guardati come sei ridotto. Non stai neanche in piedi. Non sei altro che un povero alcolizzato!» sibilò con espressione che faceva ben capire il suo disgusto. 
«Non permetterti di parlarmi in quel modo!» Toni si era puntato con le braccia sulla tavola e si sporgeva verso di lei fissandola con rabbia. 
«Perché, non è forse vero quello che ho detto?» 
«Smettila!» il viso di Toni era diventato di un viola intenso, dovuto in parte all’alcool e in parte all’ira che stava montando con prepotenza. 
«Sì, la smetto e me ne vado. Non ne posso più di te. Non ti meriti una moglie e non ti meriti dei figli!» ringhiò Stella andando verso Anna che continuava a guardarli con occhi impauriti. «Vieni amore», disse poi alla figlia con un tono di voce più dolce. La prese per mano e si avviò verso la porta di casa. 
In quel momento non pensava alle conseguenze di quel gesto. L’unica cosa che desiderava era andarsene e non vedere più l’odiosa faccia paonazza di suo marito. 
«Sì, brava. Vai, vai», farfugliò Toni sedendosi con un tonfo su una sedia. «Vai dal tuo amante, vero? Non vedi l’ora, eh? Sei una baldracca, una schifosa baldracca.» 
Stella si girò a guardarlo per un instante e il suo sguardo rivelò tutto l’odio che in quel momento stava provando nei suoi confronti. 
Poi, senza dir niente, uscì di casa e si avviò a passi veloci verso il ponte che la separava dall’abitazione di sua madre. Per il momento sarebbe andata da lei e poi avrebbe pensato a qualche altra soluzione. 
Anna aveva iniziato a piangere. Aveva paura: più volte aveva visto il padre picchiare la mamma e, nonostante non avesse ancora sei anni, sapeva molto bene di che cosa fosse capace. 
«Mamma, dove andiamo?» 
«Dalla nonna, amore. Andiamo da nonna Irma.» 
«Ma, se... se ci prende?» 
«No, tesoro, no. Non può raggiungerci. Però dobbiamo fare presto.» Cercava di tranquillizzare la figlia, ma la paura che il marito potesse trovare le forze per rincorrerle era sempre più grande. Più andava avanti e più si rendeva conto che quella decisione, dettata dall’ira, non era stata per niente saggia. Per lo meno non in quel momento, con il marito così ubriaco. 
Stella trascinava Anna per il braccio ed entrambe si giravano spesso per guardare indietro. Ormai avevano già fatto un bel tratto di strada ed erano sopra al ponte che oltrepassava un fiumiciattolo poco lontano dalla casa di nonna Irma. Ancora qualche centinaio di metri e sarebbero arrivate. 
A un certo punto la piccola vide il fanalino di una bici zigzagare nel buio. «Mamma, sta arrivando!» strillò con angoscia. 
«Ma, no, non è lui, stai tranquilla», cercava di rassicurarla mentre guardava quel puntino luminoso che stava avanzando verso di loro. Sapeva che la piccola aveva ragione: era Toni che le stava rincorrendo. Non ce l’avrebbero mai fatta a raggiungere la casa della madre e ora temeva la reazione del marito. 
Anna continuava a girarsi e a fissare con sgomento quel fanalino che si avvicinava sempre più. 
«Mamma è lui! È lui, sta arrivando», insisteva con le lacrime agli occhi.. 
Nella sua voce c’era il terrore, il terrore che una bambina non avrebbe mai dovuto provare. A Stella le si strinse il cuore. La piccola singhiozzava. Correva. Inciampava. La mamma la tirava su e continuava a trascinarla, esortandola a fare presto. «Svelta, Anna, corri!» 
«Dove pensi di andare?» tuonò minacciosa la familiare voce alle loro spalle. «Troia, non sei altro che una troia! Fermati!» 
«Vattene!» gli urlò Stella continuando a camminare il più in fretta possibile. «Lasciaci in pace!» 
Sperava di scappare dalla sicura furia del marito, ma con orrore si rese conto che purtroppo era inutile: ormai erano state raggiunte. Allora si fermò, si girò verso di lui e si preparò al peggio. Spinse Anna dietro a sé con fare protettivo, anche se sapeva che Toni non avrebbe mai toccato la figlia: la violenza era riservata sempre ed esclusivamente a lei. 
Quando questi le arrivò vicino scaraventò a terra la bicicletta e le si buttò contro. «Dove credevi di andare? Brutta cagna schifosa!» La prese prima per i capelli, poi la schiaffeggiò e la riempì di pugni. 
«Lasciami stare!» gridava Stella. «Mi fai male, lasciami!» 
La rabbia e l’alcool avevano offuscato la mente di Toni che continuava a colpire, a colpire e colpire ancora. 
Anna piangeva seduta per terra, tutta raggomitolata su se stessa, con le ginocchia contro il petto, le braccia attorno alle gambe e la testa china. 
«Ma cosa sta facendo? Non si vergogna?» gridarono a gran voce tre giovani che, arrivando in bicicletta, avevano visto la scena e si erano fermati sbalorditi. «La smetta!» 
«Non immischiatevi», sibilò Toni. «Non sono affari vostri!» 
«Ma come fa a picchiare una donna così? E davanti a una bambina, per giunta. Si vergogni!» 
Toni si fermò e guardò Anna che nel sentire quelle voci aveva sollevato la testa e singhiozzava osservandolo sconvolta. 
Lasciò quindi andare Stella, che in quel momento tratteneva per i capelli, e abbassò le braccia facendole cadere inerti lungo il corpo. 
Stella appena libera si avvicinò alla figlia e l’abbracciò per cercare di calmarla. Questa le mise le braccia al collo stringendosi forte a lei. La stretta della piccola le provocò un lancinante dolore alla spalla. 
Il naso le sanguinava e sentiva che l’occhio destro piano piano si stava gonfiando. 
«Fila a casa, muoviti!» le comandò con fare autoritario Toni e alzò la mano verso i tre sconosciuti che immobili lo stavano fissando minacciosi. Si diresse quindi verso la bicicletta e silenzioso se ne tornò da dov’era venuto. 

Estratto 2 

Stella era nella sua camera e stava sistemando la biancheria che aveva stirato nel pomeriggio. 
Quando chiuse il cassetto del comò, si soffermò a guardare la sua immagine riflessa nello specchio: la giovane e spensierata ragazza con il cuore pieno di speranze che si rispecchiava pochi anni prima, si era trasformata in una donna, appesantita da quattro gravidanze e invecchiata dalle tante vicissitudini. 
Si toccò il volto con la mano: a soli trentadue anni, aveva già delle rughe che impietose le segnavano il viso, tra i capelli si scorgeva qualche filino bianco, e i suoi occhi, che un tempo emanavano gioia di vivere e spensieratezza, erano ora spenti e tristi. 
Le venne quasi da piangere: quanti sogni, quante aspettative... Si era tutto frantumato contro una bottiglia di vino. 
Iniziò a sudare: il cuore le batteva forte e aveva la sensazione di soffocare. Negli ultimi tempi le capitava sempre più spesso e questo le procurava un’insopportabile ansia. 
Chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Sentì Anna che giù in cucina stava giocando con il fratello Luca. Era ora di cena e la stavano aspettando. 
Toni non era ancora tornato. Di sicuro se ne stava al bar a ubriacarsi e, a quel pensiero, a Stella montò la rabbia. 
Inspirò di nuovo e riaprì gli occhi: non doveva pensarci e doveva assolutamente calmarsi. 
Si diede un ultimo sguardo allo specchio, poi scese piano le scale per raggiungere i suoi figli. 
Qualche ora dopo, Anna stava aiutando la madre quando Toni rientrò a casa barcollante come sempre. 
Aveva passato l’intero pomeriggio in osteria e il nauseabondo odore di vino, che emanava il suo alito, impregnò subito l’aria. 
Stella aprì la finestra, ma non disse nulla. 
Anna aveva notato che la madre era particolarmente seria quella sera e aveva un’espressione triste e rassegnata. 
Loro avevano già mangiato: avevano imparato a non aspettarlo più e a mettergli da parte il cibo nel caso volesse cenare. Già, perché quando era così ubriaco, a volte neanche lo toccava. 
Stella riscaldò la pasta, gliela mise nel piatto e poi gliela appoggiò sul tavolo. Toni la guardò con disgusto. 
«Non vuoi mangiare?» gli chiese vedendo che il marito non toccava il cibo. 
Lui non rispose. Continuava a guardare la pasta, ma non muoveva un muscolo. 
«Toni? Non vuoi mangiare?» insistette. 
L’uomo alzò una mano. «Aspetta un attimo», biascicò. 
Stella si girò, controllò Luca che tranquillo se ne stava per terra a giocare con le macchinine e poi tornò a sistemare la cucina. Anna la aiutava: asciugava le stoviglie e poi le riponeva nella credenza. 
Dopo un po’ si rigirò e vide Toni ancora fermo, immobile, con la testa barcollante. 
«Sarà ormai diventata fredda», gli fece notare, incapace di nascondere un certo disappunto. «Mangia, altrimenti dobbiamo buttarla via!» 
Non fece in tempo a finire la frase che Toni si alzò di scatto. Prese il piatto e lo scaraventò addosso al muro, a pochi centimetri da dove si trovava Stella. 
Il piatto si frantumò in mille pezzi e la pasta andò a imbrattare con il sugo la parete della cucina. 
«Ecco la tua pasta!» grugnì Toni con occhi inferociti. 
Anna andò a rifugiarsi in un angolo e il piccolo Luca le corse tra le braccia e cominciò a piangere spaventato. 
«Guarda cos’hai combinato!» protestò Stella esasperata. 
«Stai zitta. Cagna, schifosa!» Toni aveva iniziato ad avanzare verso di lei. Le sue intenzioni non erano delle migliori. 
«Vattene da qui. Vai via», lo pregò Stella. Girava attorno al tavolo cercando così di evitare la violenza del marito. 
«Papà, smettila. Lasciala stare.» Anna lo implorava, ma sembrava che lui neanche la sentisse. 
Continuò a inseguirla, finché Stella non inciampò in una delle gambe della sedia che Toni alzandosi aveva buttato a terra. Cadde e il marito le fu subito sopra. Iniziò a darle calci e pugni e a riempirla di ogni sorta di epiteti. 
«Ti prego basta, papà. Ti prego!» Anna singhiozzava e continuava a supplicare il padre di fermarsi. Non sapeva cosa fare e non riusciva a comprendere come il padre, essendo così ubriaco, potesse avere tutta quella forza. «Papà, ti prego. Così l’ammazzi!» 
Il piccolo Luca si stringeva sempre più a lei e strizzava forte gli occhi terrorizzato. 
«E così io devo andare via. Maledetta, sei tu che te ne vai!» La prese per i capelli e la trascinò verso la porta d’ingresso. 
Stella tentò di aggrapparsi alle braccia del marito per cercare di alzarsi, ma senza riuscirci. 
La portò fuori nella piccola piazzetta davanti casa, la scaraventò a terra, e ricominciò a darle calci alla cieca. 
Le urla disperate di Anna avevano richiamato l’attenzione dei vicini che uno alla volta erano usciti per vedere cosa stesse succedendo. 
Appena Toni vide la gente avvicinarsi, rientrò in casa barcollando. 
Anna affidò il fratellino a una signora, poi si precipitò in fianco alla madre che immobile giaceva a terra. La chiamò più volte, ma questa non rispondeva. 
Un uomo si affiancò ad Anna e girò la madre supina. «A me sembra non respiri», disse con occhi spalancati alle altre persone che avevano fatto capannello attorno a loro. «Chiamate un’ambulanza, presto!» 
Anna piangeva e chiamava la madre che non dava però segni di ripresa. 
I soccorsi non tardarono ad arrivare, si fecero largo tra la gente e in poco tempo portarono a termine gli accertamenti di routine: il respiro era flebile, ma era ancora viva. 
La caricarono nell’autolettiga e la portarono subito all’ospedale. 
Anna rientrò in casa e trovò il padre seduto con i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani. 
«Sei contento adesso? L’hai quasi ammazzata!» 
Lui alzò la testa e si girò verso di lei. «Non volevo, mi spiace», piagnucolò, «mi dispiace, non lo farò più, te lo giuro.» 
Quante volte aveva sentito il padre fare quelle promesse, ma mai le aveva mantenute. 
«Lo dici ogni volta», gli urlò con disprezzo, «e ogni volta lo rifai. Sarai contento solo quando l’avrai uccisa!» 

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